Corriere 7.12.16
Nefertari? È a Torino
I reperti conservati al Museo Egizio appartengono alla mitica regina consorte di Ramses II
di Paolo Conti
La
certezza definitiva non ci sarà mai, perché la prova del dna è
impossibile. Ma «lo scenario più probabile» è che quelle gambe di donna
mummificate, e conservate al Museo Egizio di Torino, «appartengano
effettivamente alla regina Nefertari», una delle sovrane più conosciute
dell’antico Egitto, la consorte favorita del faraone Ramses II della
diciannovesima dinastia, 1250 avanti Cristo circa.
La novità
arriva con uno studio scientifico internazionale e multidisciplinare
pubblicato da plos.org, un sito di pubblico accesso non profit fondato
nel 2001 per favorire il progresso medico-scientifico attraverso la
comunicazione.
La relazione porta la firma di tredici studiosi
(tra cui l’italiana Raffaella Bianucci, della sezione di Medicina legale
del dipartimento di Sanità pubblica e scienze pediatriche
dell’università di Torino) che fanno riferimento, per esempio,
all’Istituto di medicina evolutiva dell’università di Zurigo, in
Svizzera, al dipartimento di Archeologia dell’università britannica di
York, alla Scuola medica australiana di Adelaide, al laboratorio di
Antropologia bioculturale dell’università francese di Marsiglia: un
tipico «consulto» dell’era della globalizzazione, insomma.
Gli
esami, di conseguenza, hanno attraversato saperi diversi che si sono
concentrati però su un unico scopo: capire se quei resti, provenienti in
effetti dalla tomba di Nerfertari — scoperta nel 1904 dall’egittologo
italiano Ernesto Schiaparelli — e trasportati a Torino insieme ad altri
reperti, appartengano davvero alla consorte regale di Ramses II come si è
sempre pensato, anche se prima di oggi non sono mai stati sottoposti a
un serio esame scientifico. Molte difficoltà nascono dal fatto che la
tomba, prima della scoperta di Schiaparelli, era stata violata dai
predatori e quindi derubata di molti preziosissimi oggetti regali.
Ora
il consulto c’è stato e la dettagliatissima relazione comprende esami
col carbonio 14, usato nella datazione radiometrica di campioni
organici, lastre, parametrazioni antropologiche, analisi chimiche e di
paleopatologia, studi genetici. Ovviamente il tutto supportato dagli
archeologi che hanno contestualizzato i risultati nel periodo storico.
Così
si legge testualmente nelle conclusioni della relazione sottoscritta
dai tredici studiosi: «La prima ipotesi che emerge sembra essere la più
credibile, realistica e coerente con i risultati di chi scavò la tomba e
con le iscrizioni trovate sugli oggetti funerari. Così, lo scenario più
probabile è che le ginocchia mummificate appartengano veramente alla
regina Nefertari. Anche se questa identificazione è altamente probabile,
non esiste la certezza assoluta».
Entrando nei particolari, nella
relazione (consultabile liberamente e gratuitamente online sul sito
journals.plos.org) si legge che le gambe (parti di tibie e femori)
appartengono a «una donna adulta con più di quarant’anni di età» e che i
materiali utilizzati per l’imbalsamazione «coincidono con quelli usati
per la mummificazione tradizionale nel periodo ramesside». Quante
attenzioni per le «probabili» gambe di una grande e amata regina.