mercoledì 7 dicembre 2016

Corriere 7.12.16
«Elezioni inconcepibili senza la legge» Mattarella preoccupato per la scelta pd
Secondo il Colle non si può votare se non si rendono omogenei i sistemi elettorali
di Marzio Breda

Altro che prendere tempo per escogitare un’uscita ordinata dalle crisi più difficili, com’era prassi nella Prima Repubblica (ma pure nella Seconda). La fuga in avanti attribuita ieri per molte ore a Matteo Renzi era il contrario di questo. Prevedeva un rapidissimo voto del Senato sulla legge di Stabilità, oggi, con la quasi contestuale direzione di un Pd già descritto tutto sulla sua linea, e successiva salita del premier al Quirinale verso sera. Da dimissionario che, dopo l’insuccesso referendario, vuole portare lui il Paese alle urne, togliendo al capo dello Stato ogni altra soluzione.
Un piano bruciante, dal punto di vista del Colle, e non soltanto per la velocità. Ma era un azzardo, uno scatto d’umore o una calcolata prova di forza per saggiare certe reazioni politiche? I dubbi sono rimasti in sospeso perché, dopo una serie di confronti e contatti politici, le cose sono di colpo cambiate. Per una decisiva indiscrezione dal Colle: «È inconcepibile indire elezioni prima che le leggi elettorali di Camera e Senato vengano rese tra loro omogenee. Il risultato del referendum ha confermato un Parlamento con due Camere, regolate da due leggi elettorali profondamente differenti, l’una del tutto proporzionale, l’altra fortemente maggioritaria con forti rischi di effetti incompatibili rispetto all’esigenza di governabilità».
Perciò, secondo Sergio Mattarella, una nuova legge elettorale sarebbe «una soluzione obbligata prima che di buon senso». Per lui in questa complessa partita gioca un ruolo cruciale pure la sentenza della Consulta, attesa per il 24 gennaio. «Ovvie ragioni di correttezza istituzionale richiedono prima di andare a nuove elezioni di attendere le conclusioni di quel giudizio il cui esito non è ovviamente prevedibile».
Riferite dall’ Huffington Post , le valutazioni del Quirinale cadono con un preoccupato peso istituzionale su Palazzo Chigi e chissà quanto hanno contribuito a far lievitare, assieme ad altre pressioni politico-parlamentari, la variante del «bivio» sposata in tarda serata dal Pd e dunque da Renzi: o un governo di responsabilità nazionale sostenuto da tutte le forze politiche o voto subito.
Chiaro che in uno scenario di minacce e rilanci, siamo alle prime battute di una crisi incartata come poche altre. Il presidente della Repubblica, che per tenersi pronto a gestirla ha annullato un viaggio a Milano, è pronto ad aprire le consultazioni con le forze politiche già da domani (anche se preliminare a questo passo saranno le dimissioni di Renzi, del quale ancora non si sa quando si presenterà sul Colle). Due le ipotesi di lavoro prevalenti, per Mattarella. La prima congettura sembra ormai solo «di scuola» e prevede che il premier non formalizzi subito la rinuncia e sia inviato alle Camere, per un chiarimento da cui potrebbe maturare di tutto. La seconda ipotesi passa attraverso il gran consulto quirinalizio, da cui potrebbero scaturire diverse soluzioni con diversi candidati premier. Non escluso lo stesso Renzi, alla guida dell’esecutivo istituzionale da lui ventilato come estrema chance.