Corriere 5.12.16
«Non credevo mi odiassero così» L’idea dell’addio alla segreteria pd
di Maria Teresa Meli
La rabbia: toccherebbe a quelli che vincono decidere cosa fare, li voglio vedere
ROMA
«Ho fatto quello che dovevo fare. Ho proposto una riforma giusta. Ho
combattuto contro la casta più schifosa. Se non mi vogliono me ne vado
con la coscienza a posto»: così Matteo Renzi nel suo giorno più
difficile. E quel «me ne vado» va inteso in senso lato. Non si tratta
solo di abbandonare Palazzo Chigi, ma addirittura di lasciare la
segreteria del partito. Esattamente quello che aveva detto all’inizio di
questa avventura referendaria: «Se perdo me ne vado anche dal partito».
È
un giorno intriso di amarezza quello in cui il premier deve prendere
atto di una realtà che per qualsiasi leader è difficile metabolizzare.
«Non credevo che potessero odiarmi così tanto», confessa Renzi ai
collaboratori. E aggiunge: «Un odio distillato, purissimo». Non degli
italiani. Sono gli avversari quelli a cui il presidente del Consiglio,
che oggi rimetterà il suo mandato nelle mani del presidente della
Repubblica Sergio Mattarella, si riferisce. La minoranza del Partito
democratico, per esempio, che ha fatto in modo che «ora Beppe Grillo si
senta già al governo»: «Altro che mucca in corridoio».
Già, questo
assist di Pier Luigi Bersani al Movimento Cinque Stelle ha molto
amareggiato il presidente del Consiglio: «Pur di disfarsi di me erano
pronti a consegnare l’Italia nelle mani dei grillini». E ancora:
«Pensavo fossimo una comunità e invece...». E invece è andata così, gli
avversari interni si sono alleati a quelli esterni, «senza rispetto per
il partito e i suoi elettori», tanto che Matteo Renzi, prima della
conferenza stampa in cui annuncia il suo addio a Palazzo Chigi , parla
così con i suoi collaboratori: «Sono tentato di dire che adesso tocca
alla coalizione del No dare le carte, sono loro che devono decidere
quale governo fare. Li voglio vedere, non hanno un leader alternativo e
non hanno un programma, avevano solo un nemico comune. Stavano insieme
soltanto per battermi, del merito della riforma della Costituzione non
importava niente a nessuno».
Ma è ovvio che di fronte a un voto
popolare il presidente del Consiglio prenda atto «della dimostrazione di
democrazia» che rappresenta l’andata alle urne di tanti italiani. Anche
se con i fedelissimi riflette ad alta voce sulla portata di quel voto:
«Adesso sarà la palude, si è condannata l’Italia all’immobilismo e non
si riuscirà più a fare niente».
E adesso Matteo Renzi è di fronte
alla decisione più difficile. Il capo dello Stato gli ha già fatto
sapere che se lui non intende avere un reincarico non insisterà. Ma un
governo ci vuole, perché c’è una legge elettorale da fare. È questa
l’opinione del Quirinale, che il presidente del Consiglio conosce bene. E
non da oggi.
Quindi? Una parte della maggioranza del Partito
democratico, Dario Franceschini in testa, appellandosi al «senso di
responsabilità» gli suggerisce di non dimettersi e andare avanti o,
comunque, di accettare un reincarico. Un’altra parte lo spinge verso le
elezioni anticipate. E Renzi ? Ieri sera era fermamente deciso a non
accettare «un altro giro» e ha ribadito ai suoi che intende lasciare
anche la leadership del Pd. Ma, per quanto sia propenso a «lasciare la
politica», nonostante i suoi lo spingano a mutare opinione, Renzi ieri
sera ragionava sulla via più breve per arrivare alle elezioni anticipate
«senza mandare allo sbando il Paese». Sì perché il presidente del
Consiglio non vuole assolutamente «disperdere quello che è stato fatto
finora», anche se ritiene che il tempo di questa legislatura sia ormai
scaduto.
Un altro governo, dunque, per pochi mesi, quelli che
servono per varare una nuova legge elettorale, «senza inventarsi
lungaggini». Ma che governo? Un esecutivo guidato da Pier Carlo Padoan,
per puntare sulla continuità della politica economica? O piuttosto un
governo istituzionale guidato da Pietro Grasso, nei confronti del quale i
deputati e i senatori renziani potranno fare guerriglia quotidiana in
Parlamento?
Tutto dipende dalle decisioni del premier. Dimissioni
irrevocabili da segretario o dimissioni per andare a un congresso
anticipato e alle elezioni nel 2017?