domenica 4 dicembre 2016

Corriere 4.12.16
HEIMAT (patria)
di Maria Serena Natale

C’è un centro di gravità permanente nel dibattito politico europeo al tempo dei populismi euroscettici e della Grande Paura dell’immigrazione, la Patria. Alle presidenziali austriache di oggi si confrontano due letture contrapposte di questa idea intimamente connessa al destino dei Paesi di lingua e cultura tedesca, condensata in una parola ricca di risonanze e ambivalenze: Heimat. Radice «Heim», casa. È il luogo dell’appartenenza, della memoria e della costruzione, raccontato dall’impresa cinematografica di Edgar Reitz degli anni Ottanta, il film in undici episodi che ripercorre la storia novecentesca della Germania attraverso le vicende della famiglia Simon, e che parte da una casa con il tetto d’ardesia, pietra metamorfica che muta e sedimenta. Strato su strato, formazione spirituale di una nazione. «L’Austria prima»: nell’Heimat oggi evocata dal campione dell’ultradestra Norbert Hofer c’è l’esaltazione della grandezza passata, l’affermazione di un’identità definita da confini — fisici e ideali — invalicabili, l’attaccamento esclusivo e fatale a valori arcaici con echi del «Blut und Boden», l’ideologia del sangue e della terra che già conteneva i germi del nazionalsocialismo. Quella dell’ecologista indipendente Alexander Van der Bellen è la Patria che rialza la testa — anche in reazione alla crescente richiesta di sicurezza e all’onda nazionalista —, che sa di aver perduto l’aura imperiale ma non teme di modellare la forma chiusa dell’identità. Quella Patria che ha riaffermato la propria specificità culturale anche accogliendo i profughi del 2015 con coperte e giocattoli. Due ramificazioni di una stessa radice. Oggi si sceglie.