sabato 3 dicembre 2016

Corriere 3.12.16
Shalabayeva Tutti i buchi nella versione dei prefetti
di Fiorenza Sarzanini


ROMA I vertici del Viminale furono contattati dai diplomatici del Kazakistan che chiedevano la cattura di Ablyazov Mukthar e si misero a completa disposizione. Lo hanno ammesso i prefetti in carica nel maggio 2013, di fronte ai magistrati di Perugia che accusano di sequestro di persona l’allora capo della squadra mobile di Roma e attuale capo dello Sco Renato Cortese, l’ex capo dell’ufficio immigrazione e ora questore di Rimini Maurizio Improta, alcuni poliziotti e due diplomatici kazaki. Mentre lasciano fuori proprio gli alti funzionari che hanno raccontato di aver seguito ogni fase della vicenda. Una catena di comando che aveva al vertice l’allora capo di gabinetto del ministro Giuseppe Procaccini e il vicecapo della polizia Alessandro Valeri.
Sono loro a dichiarare di aver informato anche il ministro Angelino Alfano, negando però con decisione di aver mai saputo che fosse stata espulsa la moglie del latitante Alma Shalabayeva. Una versione che appare piena di contraddizioni visto che la donna fu portata via dalla sua abitazione di Casalpalocco proprio durante la perquisizione e dunque sembra incredibile che questa fase non sia stata raccontata dai poliziotti ai propri superiori, e addirittura che abbiano preso una decisione così importante senza consultarsi con chi li aveva incaricati di svolgere quell’attività. Dichiara Valeri: «La sera del 28 maggio fui chiamato dal dottor Procaccini che mi chiedeva di raggiungerlo nel suo ufficio per una urgente questione di sicurezza nazionale. Mi recai subito e trovai due signori che mi furono presentati come l’ambasciatore del Kazakhstan in Italia e un funzionario della stessa ambasciata... Io dissi che il referente dell’ambasciatore avrebbe dovuto essere il ministro per gli Affari Esteri e non degli Affari Interni e mi sembra di ricordare che Procaccini mi disse che aveva ricevuto l’ambasciatore kazako su input del ministro dell’Interno». Valeri va avanti, ammette di aver seguito personalmente la vicenda perché «l’ambasciatore iniziò a riferire che era stato localizzato a Roma un pericoloso latitante kazako che aveva collegamenti con il terrorismo e con i ceceni e con la criminalità organizzata». Aggiunge di aver parlato direttamente con i poliziotti e di aver saputo il giorno dopo «dal dottor Cortese per telefono dell’esito negativo dell’operazione, dicendomi che il latitante kazako non era stato rintracciato. Io telefonai subito al capo facente funzioni prefetto Marangoni. Procaccini mi chiese di trasmettergli un sms con questa notizia in modo che lui potesse informare il ministro. Io mandai l’sms». Valeri nega di aver mai saputo «dell’espulsione della cittadina kazaka Alma Shalabayeva». Lo stesso dice Procaccini che poi aggiunge: «Mi sono determinato a rassegnare le dimissioni per tre ragioni. Ho percepito l’estrema difficoltà in cui versava il governo e il ministro, avendo anche partecipato alle riunioni ristrette tra ministri e funzionari. Cominciavano a serpeggiare presso gli organi di informazione illazioni in ordine alla mia persona, assolutamente false. In ultimo ho ritenuto che se fossi rimasto sarebbe rientrato nei miei compiti assumere eventuali iniziative rispetto a comportamenti non avveduti o non professionali assunte da alcune articolazioni della polizia e non intendevo farlo».