Corriere 1.12.16
La sinistra ferita dalla scelta del Prof: ma con le sue parole boccia Matteo
di Alessandro Trocino
Bersani: lui dice che è meglio succhiare l’osso che il bastone? Io non mi turo il naso
ROMA
Lo ha scritto da solo, nel suo studio, nella prima mattina di ieri. Un
comunicato che mette fine a una lunga attesa. E che piomba come un
macigno sugli ulivisti contrari alla riforma, da Pier Luigi Bersani a
Massimo D’Alema. Romano Prodi si schiera e annuncia il suo Sì al
referendum. Un Sì, nel nome dell’Ulivo. Un Sì tiepido. Ma pur sempre un
Sì.
Il Professore motiva così: «Anche se le riforme proposte non
hanno certo la profondità e la chiarezza necessarie, per la mia storia
personale e le possibili conseguenze, sento di dovere rendere pubblico
il mio Sì, nella speranza che giovi al rafforzamento della nostre regole
democratiche soprattutto attraverso la riforma della legge elettorale».
Finora Prodi aveva mantenuto riserbo per non partecipare a una «rissa»
che «ha abbandonato il tema, ossia una modesta riforma costituzionale,
per trasformarsi in una sfida pro o contro il governo». Poi aggiunge,
con «ironia»: «Mi viene in mente mia madre che, quando da bambino volevo
troppo, mi diceva: “Romano, ricordati che nella vita è meglio succhiare
un osso che un bastone”».
Il suo Sì «è rispettoso nei confronti
di chi farà una scelta diversa». E non poteva essere altrimenti,
considerando che in famiglia votano No il fratello Paolo e la nipote
Silvia. Ci sono però due passaggi duri, nei quali attacca «chi ha voluto
ignorare e perfino negare la storia dell’Ulivo, con una leadership
esclusiva, solitaria ed escludente». E chi «ha strumentalizzato quella
storia, rivendicando a sé il disegno che aveva contrastato».
Il
riferimento, nel primo caso, è al premier, spiega Sandra Zampa: «Romano
dice: caro Renzi, sappi che prima di te non c’era il nulla, c’è una
storia corale, quella dell’Ulivo, senza il quale non ci sarebbe stato il
Pd». Per gli «strumentalizzatori», la Zampa pensa a una foto: «Quella
che vedeva insieme D’Alema, De Mita, Quagliariello, Fini e anche
Bertinotti. Quasi tutta la ganga che l’ha mandato a casa ora vota no».
Nella «ganga» è compreso qualcuno sospettato di aver «accoltellato» il
Prodi candidato al Quirinale e parte della sinistra che vota No. Come
Massimo D’Alema, meno sarcastico del solito: «Penso sia meglio evitare
sia il bastone che l’osso. Ma non voglio polemizzare con Prodi». Pier
Luigi Bersani, ancora in buoni rapporti con Prodi, avverte il peso dello
strappo con il Professore: «Ha usato la metafora contadina del
“succhiare l’osso”: non mi sembra un Sì entusiasta. Io comunque non
succhio l’osso, non mi turo il naso e non lascio il No alla destra». E
ancora: «Penso che il No ti dà il tempo, ti fa battere la palla. Il Sì
non lo sai se ti mette in condizione di riflettere. E rischia di portare
verso il governo del capo». Tra gli ulivisti i Sì sono grande
maggioranza. Anna Finocchiaro giudica «importante che il fondatore
dell’Ulivo voti Sì». E Gianni Cuperlo apprezza «le parole rispettose» di
Prodi.
Oltre al No del prodiano Franco Monaco e al silenzio di
Rosy Bindi, c’è una vasta area di ex ulivisti, che vota No
convintamente. Come Miguel Gotor che, prima di un comizio, «di fronte a
una folla ulivista per il No», dice, sarcastico: «Ho contato almeno 101
dichiarazioni a favore del Sì di Prodi e non mi meraviglio. Se però si
leggono le motivazioni, e il loro grado di graffiante perfidia, si
capisce perché il 4 dicembre è giusto che prevalgano i No» .