Repubblica 1.12.16
L’ultima mossa di Renzi “Con il voto estero si può vincere quel tre per cento cambia tutto”
In
ballo circa un milione e mezzo di voti. Il comitato del No prepara la
battaglia e invita il governo a vigiliare sulle schede elettorali
spedite per posta: “Esiste il rischio di falsificazione”
di Claudio Tito
«IN
BELGIO la comunità italiana è ancora molto numerosa e quasi tutti
votano sì». Matteo Renzi ascolta, quasi non crede alle sue orecchie.
Davanti a lui c’è Cristophe Berti, il direttore del più importante
giornale belga, Le Soir.
È UN osservatore esterno ma butta nella
mischia l’ultima speranza per il fronte che sostiene l’approvazione
della riforma costituzionale: l’idea che gli elettori residenti
all’estero possano essere la vera arma di riserva per Palazzo Chigi.
A
72 ore dall’apertura dei seggi, dopo una campagna referendaria che non
ha risparmiato colpi da una parte e dall’altra, quelle parole diventano
quasi un balsamo per il presidente del consiglio. Il risultato di
domenica prossima, del resto, non segnerà soltanto il destino della
nuova Costituzione. In gioco c’è anche una parte del futuro politico del
segretario Pd. Sul piatto della bilancia di fatto è stata piazzata
anche la poltrona di Palazzo Chigi e la leadership del centrosinistra.
Sebbene
nelle ultime settimane abbia cambiato registro, Renzi sa bene che una
eventuale sconfitta sarà gravida di conseguenze. L’attuale equilibrio
politico verrà, in quel caso, completamente scombussolato.
Dinanzi
al suo interlocutore, allora, improvvisamente si ferma. Come chi trova
un’insperata ancora di salvezza. Lo ascolta con un pizzico di sorpresa,
si avvicina e gli chiede senza mezzi termini: «Quanti sono gli elettori
connazionali in Belgio?». «Centomila — risponde — e io sono uno di
loro». Un sorriso, una stretta di mano più vigorosa e il premier
comincia a far di conto. Muove ritmicamente le dita e poi ripete: «Così
ce la possiamo fare».
Ecco dunque la nuova frontiera dello scontro
tra favorevoli e contrari. Un duello che improvvisamente supera i
confini nazionali e si allarga a macchia d’olio nei Paesi che ospitano
le quote maggiori di italiani “fuori sede”. Il capo del governo si
rivolge ancora al direttore de Le Soir e poi ragiona a voce alta. «Se il
Sì riesce a conquistare il consenso dei due terzi degli italiani
all’estero — è la sua idea — allora ce la possiamo fare». Nel
pallottoliere immaginario del leader democratico, la quota del voto
estero sta diventando dunque «determinante ». In realtà sta assumendo
importanza anche per il fronte del No. Sanno che quella può essere la
faglia che si apre sotto le certezze dei sondaggi pubblicati fino a due
settimane fa. La variabile imprevedibile capace di sorprendere
nuovamente i sondaggisti.
Nell’ultima tornata elettorale
nazionale, quella del 2013, sono stati un milione e centomila i votanti
“stranieri”su poco più di 3 milioni di potenziali elettori. «Magari
questa volta — insiste Renzi — si può arrivare a un milione e mezzo di
voti all’estero. Se noi ne prendessimo un milione, allora l’ago della
bilancia si sposterebbe». In molti, infatti, stimano una partecipazione
alle urne in linea con le ultime competizioni. Alle europee del 2014, ad
esempio, l’affluenza toccò quota 58 per cento, circa 28 milioni di
votanti. Se il dato di domenica prossima si avvicinasse a quella soglia,
quel milione di Sì equivarrebbe a circa il 3 per cento. «Così — ripete
il capo del governo — ce la possiamo fare. Io ci credo».
Che
questo stia diventando il nucleo più profondo della battaglia tra il Sì e
il No, lo si capisce dai discorsi del premier e dalle preoccupazioni
che i fan della “bocciatura” iniziano a coltivare. Anzi, i riflettori
del Comitato del No si sono di nuovo accesi proprio sul voto all’estero.
La paura che oltreconfine le operazioni elettorali non rispettino i
canoni minimi della democrazia è stata sollevata da tempo. Ma in
prossimità del D-day tutto assume la dimensione e il tono dello scontro
finale. E soprattutto senza rivincita.
Oggi alle 16 tutti gli
italiani che non si trovano in patria devono spedire le loro schede. Da
quel momento i giochi sono più o meno fatti. Secondo il No, le procedure
non offrono alcuna garanzia. Si rivolgono al ministro degli Esteri e a
quello dell’Interno per avere assicurazioni e tutele: «Possibili le
falsificazioni ». Nella sostanza temono il rischio brogli. Sospetti
alimentati da alcuni incredibili episodi: come quello di Flavio Briatore
che ha fotografato la sua scheda elettorale prima di imbustarla. Una
foto poi messa in bella vista sul suo profilo Facebook.
Insomma
intorno alle urne oltrefrontiera si stanno scavando delle vere e proprie
trincee che esasperano la guerra tra il Sì e il No. E chiunque uscirà
sconfitto da quella trincea, di certo solleverà il caso già domenica
notte. Nei giorni scorsi il presidente del Comitato per il No,
Alessandro Pace, aveva preannunciato il ricorso se i voti all’estero si
riveleranno decisivi per la vittoria del Sì. Questa sarà un’altra delle
spine che arriveranno sul tavolo del presidente della Repubblica, Sergio
Mattarella, a partire da lunedì prossimo.
Dopo il referendum,
infatti, il Quirinale dovrà ricostruire un clima di civiltà tra gli
schieramenti politici. Soprattutto se la riforma verrà bocciata. Le
spinte verso il voto anticipato e la necessità di riformare la legge
elettorale saranno i due interrogativi cui il Quirinale dovrà dare una
risposta.