Corriere 15.12.16
Napoleone li rubò, Canova li riportò a casa
La nuova vita dei capolavori recuperati
Duecento anni fa tornarono in Italia le opere sottratte dalla Francia, ora riunite in mostra
di Paolo Conti
È
 il 4 gennaio 1816 e il «Diario di Roma», il giornale politico dello 
Stato Pontificio, scrive: «Giunsero in questa Capitale diversi carri 
contenenti vari dei migliori capi d’opera in Pittura e Scultura, che con
 trasporto di giubilo e per il Bene delle Arti, ritornano ad associarsi a
 questi Monumenti Romani, vale a dire a quel centro di riunione ch’è il 
solo capace di formare gli Artisti e d’inspirar loro la sublimità de’ 
concetti. Questo avvenimento ha eccitato il più grande entusiasmo del 
Popolo Romano». È una delle tante cronache del ritorno nei diversi Stati
 italiani preunitari delle splendide opere d’arte sottratte tra il 1796 e
 il 1814 nella penisola italiana per volere di Napoleone Bonaparte.
Sullo
 sfondo, il progetto di un Louvre che fosse Museo Universale, apoteosi 
culturale del nuovo ordine imperiale napoleonico, simbolo estetico delle
 sue conquiste territoriali. Da Roma partono persino opere monumentali e
 delicatissime come il Laocoonte e l’ Apollo del Belvedere . Caduto 
l’Empereur, i diversi Stati italiani ottengono, nel Congresso di Vienna,
 la restituzione dei loro capolavori, che rientrano nel 1816. Sono 
passati duecento anni e le Scuderie del Quirinale a Roma propongono da 
domani, 16 dicembre, e fino al 12 marzo 2017 la mostra Il Museo 
Universale. Dal sogno di Napoleone a Canova a cura di Valter Curzi, 
Carolina Brook e Claudio Parisi Presicce. L’accostamento di Canova a 
Napoleone è una delle chiavi della rassegna: fu il grande scultore, come
 commissario dello Stato Pontificio, a organizzare da Parigi il rientro 
delle opere romane. Il Laocoonte rischiò danni irreparabili, cadendo sul
 ghiaccio del Moncenisio dalla carrozza che lo trasportava.
La 
mostra offre autentici capolavori. Il vero divo sarà sicuramente 
Raffaello, col suo Ritratto di papa Leone X con i cardinali Giulio de’ 
Medici e Luigi de' Rossi , che arriva con un prestito eccezionale dalla 
Galleria degli Uffizi. E poi ecco La strage degli innocenti di Guido 
Reni dalla Pinacoteca di Bologna, l’immensa Assunzione della Vergine di 
Tiziano dal Duomo di Verona, il Compianto sul Cristo morto di Correggio e
 la Deposizione di Annibale Carracci dalla Galleria nazionale di Parma, 
la Cattedra di San Pietro del Guercino dalla Pinacoteca di Cento, il 
Battista tra i Quattro Santi di Perugino dalla Galleria nazionale 
dell’Umbria. E poi verranno esposti due capolavori della statuaria 
classica come la Venere Capitolina dai Musei Capitolini e il Giove di 
Otricoli dai Musei Vaticani.
La diversa provenienza geografica 
intende testimoniare, nelle intenzioni dei curatori, non solo la 
quantità e la qualità delle opere disseminate in Italia (testimonianza 
di una produzione artistica fertile in ogni regione) ma anche l’effetto 
prodotto da quel rientro: molte opere, dopo essere state conservate in 
depositi organizzati sull’onda dell’emergenza del ritorno, non vennero 
ricollocate nel loro contesto originario ma dettero vita, a loro volta, a
 molti musei moderni italiani, così come li conosciamo ora, proprio sul 
modello ideale del Louvre. Per esempio il definitivo arricchimento della
 Pinacoteca di Brera a Milano voluta proprio da Napoleone nel 1805, la 
creazione della Galleria Nazionale dell’Umbria, o le Gallerie 
dell’Accademia di Venezia, la Pinacoteca di Bologna. Tutti musei 
pubblici figli dei tempi ormai cambiati per sempre.
La mostra 
segna l’esordio delle «nuove» Scuderie del Quirinale, spazio espositivo 
autonomo ormai sganciato dall’Azienda speciale Palaexpo (che lo ha 
gestito fino a settembre e ha avviato la preparazione dell’evento). Le 
Scuderie del Quirinale sono state affidate dalla presidenza della 
Repubblica al ministero per i Beni e le attività culturali e quindi ad 
Ales, la società in-house del ministero, presieduta da Mario De Simoni. 
Il progetto è farne una sorta di Grand Palais italiano, il punto di 
riferimento delle grandi mostre temporanee di respiro nazionale.
Spiega
 De Simoni:«Dopo i grandi successi registrati negli anni scorsi, il 
ministero punta a stabilire un’alleanza organica tra le Scuderie e il 
sistema museale italiano. Parliamo di uno spazio di enorme prestigio, di
 superbo posizionamento nel cuore di Roma ma privo ovviamente di una 
propria collezione. Questo elemento solo apparentemente di debolezza può
 essere brillantemente superato inserendo le Scuderie in un circuito 
espositivo nazionale ma ovviamente di respiro internazionale. Faccio un 
esempio concreto proprio parlando del Grand Palais. Molte grandi mostre 
organizzate dal Louvre, come quella dello scorso anno sul Velàzquez, 
sono state allestite al Grand Palais con un accordo con La Réunion des 
musées nationaux, ovviamente il Grand Palais e il musée du Louvre di 
Parigi e il Kunsthistorisches Museum di Vienna».
Intanto Raffaello
 con Leone X accoglieranno i visitatori alle Scuderie. Ed è già un 
magnifico esordio, visto che si tratta di uno dei pezzi più importanti 
dei 63 selezionati nella collezione granducale toscana, tra il marzo e 
l’aprile 1799, dal pittore Jean Baptiste Wicar e destinati a far parte 
del futuro Musée Napoléon al Louvre. Proprio Leone X apriva, nel 1804, 
l’elenco dei dipinti di Raffaello nel catalogo del nuovo museo parigino.
 Caduto l’Impero, il ritratto di Leone X venne incluso nella seconda 
spedizione di rientro da Parigi in Italia. Partì dal Louvre il 23 
ottobre 1815 e arrivò a Firenze il 27 dicembre dopo aver passato (come 
il Laocoonte ) il passo del Moncenisio, aver fatto tappa a Torino e 
quindi a Milano. Un’avventura straordinaria, per i tempi.
Infine, 
il ritorno nelle collezioni granducali, non più agli Uffizi ma a Palazzo
 Pitti nella Sala di Marte il 21 febbraio 1816: segno visibile della 
Restaurazione, con sommo gaudio de l granduca Ferdinando III.
 
