Corriere 15.12.16
La tentazione del leader pd: lasciare a Orfini
Renzi ancora in bilico tra l’ipotesi di rinviare il congresso e le dimissioni per farlo subito
Ricci (segreteria dem): «Se la sinistra ci ha ripensato e vuole posticipare, Matteo li ascolti»
di Dino Martirano
ROMA
Fatte salve le prerogative del capo dello Stato, la data delle elezioni
politiche, e di conseguenza la durata del governo Gentiloni, le
condiziona chi comanda nel Pd. Però il segretario dem Matteo Renzi
ancora non ha stabilito da che parte fermare il pendolo della resa dei
conti nel partito. Anzi, a giorni alterni, il segretario dosa i passi
tattici che ora — dopo giornate impostate sul rinvio — tendono di nuovo
verso il congresso in tempi rapidi: un’accelerazione, dunque, da far
precedere dalle dimissioni del segretario in carica con affidamento del
Pd alla reggenza del presidente Matteo Orfini. E lo stesso
vicesegretario, Lorenzo Guerini, conferma il cambio di passo: Renzi
«probabilmente sarà il candidato al prossimo congresso come segretario».
Sullo
scenario del rinvio si è inserito il vicepresidente del Pd Matteo
Ricci, che prova a tendere la mano alla minoranza: «Se hanno cambiato
idea e ora chiedono di rinviare il congresso, Renzi dovrebbe ascoltarli.
Se siamo tutti d’accordo sulla necessità di prender tempo decidiamo
insieme all’assemblea nazionale di domenica. Non possiamo permetterci di
trasformare questo appuntamento in una battaglia sullo statuto del
partito».
Invece il governatore della Toscana Enrico Rossi,
candidato alla segreteria, dice che il calendario non può essere
rovesciato: «Prima delle elezioni ci dovrà essere il congresso».
Matteo
Ricci, che è anche il sindaco di Pesaro, ritiene poi che «si debba
andare a votare in primavera, quando saranno chiamati alle urne 1000
Comuni tra i quali 25 capoluoghi: da Genova a Palermo, da Parma
all’Aquila...». Sulla legge elettorale, Ricci spiega: «Non possiamo fare
i passi indietro sulla governabilità e la rappresentatività. E le
strade da intraprendere sono due, anche prima del 24 gennaio quando la
Consulta dirà la sua sull’Italicum». Dunque, secondo il vicepresidente
del Pd, o si punta sul Mattarellum o su una «legge proporzionale con
premio di maggioranza».
Ma sul recupero dell’Italicum il deputato
Giuseppe Lauricella (Pd), che è professore di Diritto costituzionale a
Palermo, ha già presentato una sua proposta: un turno solo (via il
ballottaggio) con premio di maggioranza (15%) al primo partito che
supera il 40% alla Camera e al Senato. Il «Lauricellum» è un
proporzionale che però pone sul tavolo una variante maggioritaria
residuale. Inoltre mantiene il premio al partito, i capilista bloccati, 3
delle 10 pluricandidature, e risolve con un astuto trucco contabile il
rebus delle leggi non omogenee per Camera e Senato. I premi di
maggioranza conquistati su base regionale, infatti, hanno fin qui
provocato «risultati casuali» determinando «maggioranze non coincidenti
nei due rami del Parlamento».