Corriere 12.12.16
La plutocrazia in America. La Storia di una parola
risponde Sergio Romano
Leggo
sul vocabolario online Treccani la seguente definizione di plutocrazia:
«Regime, sistema politico e sociale in cui le persone o i gruppi che
detengono la ricchezza mobiliare (grandi finanzieri, banchieri, ecc.)
hanno una preponderanza nella vita pubblica ed esercitano direttamente o
indirettamente il potere politico ed economico, facendo spesso
prevalere i propri interessi particolaristici su quelli generali». Mi
sembra di capire che Donald Trump e i personaggi finora chiamati per
formare il nuovo governo potrebbero rispecchiare fedelmente la
definizione di cui sopra. Desidererei che mi chiarisse i pregi e i
difetti di un simile governo per gli Stati Uniti e per l’Italia.
Gianmaria Carozza
Caro Carozza,
Suppongo
che lei si riferisca alle ultime nomine di Donald Trump. Per il posto
di Segretario del Tesoro il presidente eletto ha scelto Steven Minuchin,
un operatore di Goldman Sachs che ha fatto una considerevole fortuna
amministrando Hedge Funds (fondi speculativi) e finanziando i produttori
cinematografici di Hollywood. Per il dicastero del Commercio aveva già
scelto, nei giorni precedenti, Wilbur Ross, un finanziere molto noto a
Wall Street per i suoi acquisti di industrie in difficoltà che
spezzettava e rivendeva sul mercato con grandi profitti.
In un
video prima delle elezioni Trump aveva denunciato l’esistenza di una
potente struttura che controlla l’economia, ha derubato la classe dei
lavoratori, ha sottratto ricchezza al Paese. Oggi quelle valutazioni
fatte durante la campagna elettorale sembrano dimenticate e l’America di
Trump sembra effettivamente destinata ad avere un governo composto in
buona parte da ricchi magnati della finanza. Possiamo parlare di
plutocrazia o, addirittura, di demoplutocrazia?
Le due parole
hanno fatto parte per molto tempo del vocabolario fascista.
Appartenevano al passato socialista di Mussolini e a quella componente
anti-capitalista del partito che non smise mai di invocare una «seconda
ondata» rivoluzionaria. Nelle intenzioni degli intellettuali fascisti
l’espressione «demoplutocrazia» voleva dimostrare che il potere del
denaro era l’inevitabile risultato delle democrazie parlamentari, sempre
dominate, prima o dopo, dai grandi gruppi di interesse.
Mussolini
ne fece largo uso per le sue campagne nazionalistiche contro Francia,
Gran Bretagna e Stati Uniti. Ma nella realtà adottò quasi sempre, nei
suoi rapporti con i grandi industriali, un atteggiamento meno ideologico
e più pragmatico. La «seconda ondata» divenne programma di governo
soltanto durante la Repubblica sociale, quando il giacobinismo fascista
mise all’ordine del giorno la socializzazione delle imprese. Ma la
riforma non piacque ai tedeschi, preoccupati dalla possibilità che un
tale rivolgimento nuocesse alla funzionalità delle fabbriche di cui
avevano bisogno per le loro forze armate. Come vede, caro Carozza,
plutocrazia è una parola difficilmente utilizzabile nel contesto
italiano.