martedì 13 dicembre 2016

Corriere 12.12.16
La plutocrazia in America. La Storia di una parola
risponde Sergio Romano

Leggo sul vocabolario online Treccani la seguente definizione di plutocrazia: «Regime, sistema politico e sociale in cui le persone o i gruppi che detengono la ricchezza mobiliare (grandi finanzieri, banchieri, ecc.) hanno una preponderanza nella vita pubblica ed esercitano direttamente o indirettamente il potere politico ed economico, facendo spesso prevalere i propri interessi particolaristici su quelli generali». Mi sembra di capire che Donald Trump e i personaggi finora chiamati per formare il nuovo governo potrebbero rispecchiare fedelmente la definizione di cui sopra. Desidererei che mi chiarisse i pregi e i difetti di un simile governo per gli Stati Uniti e per l’Italia.
Gianmaria Carozza

Caro Carozza,
Suppongo che lei si riferisca alle ultime nomine di Donald Trump. Per il posto di Segretario del Tesoro il presidente eletto ha scelto Steven Minuchin, un operatore di Goldman Sachs che ha fatto una considerevole fortuna amministrando Hedge Funds (fondi speculativi) e finanziando i produttori cinematografici di Hollywood. Per il dicastero del Commercio aveva già scelto, nei giorni precedenti, Wilbur Ross, un finanziere molto noto a Wall Street per i suoi acquisti di industrie in difficoltà che spezzettava e rivendeva sul mercato con grandi profitti.
In un video prima delle elezioni Trump aveva denunciato l’esistenza di una potente struttura che controlla l’economia, ha derubato la classe dei lavoratori, ha sottratto ricchezza al Paese. Oggi quelle valutazioni fatte durante la campagna elettorale sembrano dimenticate e l’America di Trump sembra effettivamente destinata ad avere un governo composto in buona parte da ricchi magnati della finanza. Possiamo parlare di plutocrazia o, addirittura, di demoplutocrazia?
Le due parole hanno fatto parte per molto tempo del vocabolario fascista. Appartenevano al passato socialista di Mussolini e a quella componente anti-capitalista del partito che non smise mai di invocare una «seconda ondata» rivoluzionaria. Nelle intenzioni degli intellettuali fascisti l’espressione «demoplutocrazia» voleva dimostrare che il potere del denaro era l’inevitabile risultato delle democrazie parlamentari, sempre dominate, prima o dopo, dai grandi gruppi di interesse.
Mussolini ne fece largo uso per le sue campagne nazionalistiche contro Francia, Gran Bretagna e Stati Uniti. Ma nella realtà adottò quasi sempre, nei suoi rapporti con i grandi industriali, un atteggiamento meno ideologico e più pragmatico. La «seconda ondata» divenne programma di governo soltanto durante la Repubblica sociale, quando il giacobinismo fascista mise all’ordine del giorno la socializzazione delle imprese. Ma la riforma non piacque ai tedeschi, preoccupati dalla possibilità che un tale rivolgimento nuocesse alla funzionalità delle fabbriche di cui avevano bisogno per le loro forze armate. Come vede, caro Carozza, plutocrazia è una parola difficilmente utilizzabile nel contesto italiano.