martedì 13 dicembre 2016

Corriere 12.12.16
La Materia ha i suoi nomi
di Anna Meldolesi

Quest’anno gli astronomi hanno dedicato una costellazione a David Bowie. I biologi possono sbizzarrirsi con le nuove specie: recentemente una medusa è stata battezzata in onore di Frank Zappa. Ma il cosmo è immenso e la biodiversità così ricca da poter giocare con i nomi. Lo spazio della chimica, invece, è limitato e per questo la nomenclatura diventa una faccenda delicata. Gli ultimi arrivati sono quattro elementi super-pesanti: diamo il benvenuto a nihonium, moscovium, tennessine e oganesson.
Per ora se ne conosce solo la versione inglese, quella approvata dall’Unione internazionale della chimica pura e applicata (Iupac). Per formalizzare la traduzione in italiano c’è tempo. Ma finalmente disponiamo dei simboli ufficiali per riempire la settima fila della tavola periodica. Avete presente la tabella che a scuola stava appesa in tutte le aule di scienze? È detta anche tavola di Mendeleev e racchiude i segreti della materia come un gioco enigmistico. L’ultima riga aveva quattro posti vuoti, in corrispondenza degli elementi numero 113, 115, 117 e 118. Ora su quelle caselle possiamo scrivere Nh, Mc, Ts e Og. «Se si può identificare una tendenza è che oggi i nomi tendono a essere più condivisi, più ecumenici rispetto a quanto accadeva tra ‘800 e ‘900», dice Piersandro Pallavicini, chimico e autore del romanzo La chimica della bellezza .
I Paesi leader della ricerca sui nuovi elementi sono quelli che nel dopoguerra hanno investito nell’energia e nelle armi atomiche, perché hanno la tradizione e anche gli impianti necessari. Ma la Guerra fredda è finita da un pezzo e non c’è bisogno di piantare bandierine ostili sulle nuove tessere della conoscenza. Natalia Tarasova, presidente dell’Iupac, ha notato che gli ultimi nomi riflettono l’universalità della scienza, rendendo onore a tre Paesi di tre continenti, quelli dove sono avvenute le rispettive scoperte. Nihonium vuol dire Sol levante, perché qui sorge il Riken Nishina Center for Accelerator-Based Science. Moscovium è stato indicato dall’Istituto per la ricerca nucleare di Dubna per onorare la capitale russa. Tennessine ricorda il contributo dello stato americano dove si trova l’Oak Ridge National Laboratory. C’è poi un elemento intitolato a un fisico russo, l’ottantatreenne Yuri Oganessian, a cui si debbono importanti avanzamenti nel settore. Prima di lui solo un altro scienziato vivente aveva ricevuto lo stesso onore (Glenn Seaborg) e le polemiche non erano mancate. «La scelta del nome oganesson è interessante anche perché si tratta di un gas nobile, come elio, neon, argon», commenta Pallavicini.
Finora per battezzare questi gas, estremamente riluttanti a partecipare alle reazioni chimiche, avevamo attinto alla cultura classica. Difficilmente vedremo i nuovi elementi impiegati in tecnologie d’uso comune, queste scoperte trovano posto nella «scienza della soddisfazione intellettuale, non delle applicazioni». Ma la storia insegna che le scoperte inutili di oggi potrebbero diventare preziose domani. Certo il personaggio tratteggiato da Pallavicini nel suo romanzo, il bizzarro professor De Raitner, sarebbe incantato dal nihonium e dai suoi fratelli.
Sistemare altri mattoni nell’edificio della chimica equivale a dimostrare che «quel matto di Mendeleev» era nel giusto. Con la sua tavola pretendeva di indovinare le proprietà di elementi ancora sconosciuti. Non sapeva niente di cose come configurazioni elettroniche, orbitali o numeri quantici, eppure aveva ragione.