Corriere 12.12.16
La Materia ha i suoi nomi
di Anna Meldolesi
Quest’anno
gli astronomi hanno dedicato una costellazione a David Bowie. I biologi
possono sbizzarrirsi con le nuove specie: recentemente una medusa è
stata battezzata in onore di Frank Zappa. Ma il cosmo è immenso e la
biodiversità così ricca da poter giocare con i nomi. Lo spazio della
chimica, invece, è limitato e per questo la nomenclatura diventa una
faccenda delicata. Gli ultimi arrivati sono quattro elementi
super-pesanti: diamo il benvenuto a nihonium, moscovium, tennessine e
oganesson.
Per ora se ne conosce solo la versione inglese, quella
approvata dall’Unione internazionale della chimica pura e applicata
(Iupac). Per formalizzare la traduzione in italiano c’è tempo. Ma
finalmente disponiamo dei simboli ufficiali per riempire la settima fila
della tavola periodica. Avete presente la tabella che a scuola stava
appesa in tutte le aule di scienze? È detta anche tavola di Mendeleev e
racchiude i segreti della materia come un gioco enigmistico. L’ultima
riga aveva quattro posti vuoti, in corrispondenza degli elementi numero
113, 115, 117 e 118. Ora su quelle caselle possiamo scrivere Nh, Mc, Ts e
Og. «Se si può identificare una tendenza è che oggi i nomi tendono a
essere più condivisi, più ecumenici rispetto a quanto accadeva tra ‘800 e
‘900», dice Piersandro Pallavicini, chimico e autore del romanzo La
chimica della bellezza .
I Paesi leader della ricerca sui nuovi
elementi sono quelli che nel dopoguerra hanno investito nell’energia e
nelle armi atomiche, perché hanno la tradizione e anche gli impianti
necessari. Ma la Guerra fredda è finita da un pezzo e non c’è bisogno di
piantare bandierine ostili sulle nuove tessere della conoscenza.
Natalia Tarasova, presidente dell’Iupac, ha notato che gli ultimi nomi
riflettono l’universalità della scienza, rendendo onore a tre Paesi di
tre continenti, quelli dove sono avvenute le rispettive scoperte.
Nihonium vuol dire Sol levante, perché qui sorge il Riken Nishina Center
for Accelerator-Based Science. Moscovium è stato indicato dall’Istituto
per la ricerca nucleare di Dubna per onorare la capitale russa.
Tennessine ricorda il contributo dello stato americano dove si trova
l’Oak Ridge National Laboratory. C’è poi un elemento intitolato a un
fisico russo, l’ottantatreenne Yuri Oganessian, a cui si debbono
importanti avanzamenti nel settore. Prima di lui solo un altro
scienziato vivente aveva ricevuto lo stesso onore (Glenn Seaborg) e le
polemiche non erano mancate. «La scelta del nome oganesson è
interessante anche perché si tratta di un gas nobile, come elio, neon,
argon», commenta Pallavicini.
Finora per battezzare questi gas,
estremamente riluttanti a partecipare alle reazioni chimiche, avevamo
attinto alla cultura classica. Difficilmente vedremo i nuovi elementi
impiegati in tecnologie d’uso comune, queste scoperte trovano posto
nella «scienza della soddisfazione intellettuale, non delle
applicazioni». Ma la storia insegna che le scoperte inutili di oggi
potrebbero diventare preziose domani. Certo il personaggio tratteggiato
da Pallavicini nel suo romanzo, il bizzarro professor De Raitner,
sarebbe incantato dal nihonium e dai suoi fratelli.
Sistemare
altri mattoni nell’edificio della chimica equivale a dimostrare che
«quel matto di Mendeleev» era nel giusto. Con la sua tavola pretendeva
di indovinare le proprietà di elementi ancora sconosciuti. Non sapeva
niente di cose come configurazioni elettroniche, orbitali o numeri
quantici, eppure aveva ragione.