Corriere 11.12.16
Il «passo di lato» di Renzi che guarda alle primarie
Il leader: da domani bisogna che trovi uno stipendio
«Dovrò prendere più di 2 milioni di voti»
di Maria Teresa Meli
ROMA
«Da domani fino a febbraio io farò l’autista dei miei figli, a scuola,
calcio, teatro. Punto»: Matteo Renzi fa un passo di lato. «Alla fine —
si sfoga con i collaboratori prima di partire verso Pontassieve in
serata — c’è un solo uomo che lascia avendo i voti e la richiesta del
presidente della Repubblica di restare. Berlusconi ha mollato perché gli
hanno tolto i voti. Prodi idem. Io con 173 voti di fiducia lascio. E
senza paracadute. Da domani devo anche trovarmi uno stipendio. E ciò
nonostante mi devo prendere anche gli insulti...».
Già, il
segretario del Pd ha deciso: «Staccherò del tutto. Non sarò domani alla
direzione. Starò l’intera settimana a Firenze, tranne per il passaggio
della campanella. Del resto, ho già riconsegnato le chiavi dell’alloggio
di Palazzo Chigi. Tornerò sulla scena solo domenica 18 dicembre per
l’Assemblea nazionale».
Matteo Renzi inaugura la sua nuova
strategia: tenersi lontano dalla «politica romana e dalla politica
politicante» per cominciare daccapo. «Finalmente di nuovo senza giacca,
finalmente di nuovo tra la gente, andrò in giro per l’Italia», dice l’ex
premier, ma i suoi già stanno spingendo per farlo venire domani in
direzione perché la sua assenza sarebbe male interpretata.
Dunque,
di nuovo Renzi alle prese con il Partito democratico. All’orizzonte le
elezioni, che secondo l’ex premier vanno necessariamente anticipate. Non
perché si tratta di un suo capriccio: «Non sono io a chiederle, ma sono
i Cinque Stelle contro i vitalizi a volerle, e Salvini contro
Berlusconi». Quindi? Quindi a questo punto «si può votare a giugno o a
ottobre». Meglio le urne in estate, per il Pd. Nella prima domenica di
giugno, il 4.
Ma nemmeno su questo Renzi insisterà più di tanto,
perché sa che deve fare un passo di lato rispetto a questo governo «dove
Verdini chiederà qualcosa di più di quello che ha chiesto finora». «Il
partito costruirà la sua agenda a prescindere dal governo», è la parola
d’ordine di Renzi.
Nessuna sfiducia per Paolo Gentiloni. Anzi, il
contrario. L’ex premier stima molto il «suo» ministro degli Esteri ed è
stato lui a convincersi definitivamente, martedì scorso, che l’unico
presidente del Consiglio possibile era lui. Per abilità, per il rapporto
di lealtà che li lega e perché Gentiloni è in grado di mettere
d’accordo tutte le diverse anime del Pd. Quelle di maggioranza, ben si
intende, perché secondo Renzi la minoranza «sarà asfaltata dagli
elettori alle primarie per il segretario».
Sì, perché il nuovo
traguardo del leader del Pd sono le primarie, più che il Congresso, che,
comunque, pensa di vincere («Riuscite a immaginarvi — dice Renzi ai
collaboratori — un congresso in cui io finisco in minoranza contro
D’Alema?»). A quell’appuntamento, spiega l’ex presidente del Consiglio
ai suoi, «devo prendere più di due milioni di voti». E solo dopo, forte
di quel consenso, che prevedibilmente otterrà a marzo, Renzi penserà a
come andare alle elezioni.
Ma quello delle primarie «è un
passaggio obbligato» per «riaffermare la leadership». A questo
proposito, il segretario non sembra temere i giochi che nel frattempo si
stanno aprendo nella sua maggioranza. Eppure sia Dario Franceschini che
Andrea Orlando lo stanno pressando per non andare alle elezioni. E non
solo, perché il ministro dei Beni culturali vorrebbe anche un posto in
più nel governo per la sua area. «Mi sembrano più forti sui giornali che
nell’elettorato», fa spallucce l’ex premier. Se Franceschini prende una
poltrona in più a lui non importa niente. È un altro il suo terreno di
battaglia e su quello non teme gli avversari interni di cui finora si è
scritto e detto. Tant’è vero che la stessa minoranza pd si ritrova
spiazzata. E non sa più quale candidato contrapporgli. Errani,
suggerisce qualcuno. Francesco Boccia si autocandida e va dicendo ai
bersaniani: «Allargherei il vostro campo all’area moderata e lettiana».
Ma qualcuno gli ricorda che ha già perso le primarie in Puglia con
Vendola. E nel frattempo, in realtà, c’è chi pensa di far scendere in
campo contro Renzi l’usato sicuro: Pier Luigi Bersani.