Repubblica Cult 13.11.16
Così teoria e vita s’intrecciano in Jung
Una
monografia di Romano Màdera sull’eredità terapeutica e culturale dello
psicanalista svizzero. A partire dalla sua dimensione storica e
biografica
di Moreno Montanari
Peccato che il
sottotitolo, L’opera al rosso, non appaia direttamente nella copertina
di questa monografia sull’eredità terapeutico-culturale dell’opera
junghiana. Scegliendo il Libro rosso come punto di vista privilegiato
per comprendere la psicologia del profondo, Romano Màdera invita a
guardare l’opera junghiana come un esperimento personale nel quale
teoria e vita si comprendono e si trasformano vicendevolmente. Nel Libro
rosso Jung vive infatti in prima persona la straziante lacerazione tra
“lo spirito del suo tempo” che, anche grazie alla mediazione di
Nietzsche, gli appare del tutto privo di senso, e lo “spirito del
profondo” il quale, ben lungi dal ridursi a quell’oscuro serbatoio di
pulsioni irrazionali descritto da Freud, gli si rivela come
un’inesauribile eccedenza di senso. Questa, tuttavia, parla per
immagini: archetipi che richiedono una rinnovata ermeneutica simbolica
capace di cimentarsi non solo con il materiale onirico ma anche con le
religioni, i miti, l’arte e la cultura in generale.
Si delinea
così una sorta di processo alchemico nel quale la vita, presa nel
proprio sapere, insegue «la romantica aspirazione alla realizzazione
della totalità dell’umano», come elaborazione e ricomposizione delle sue
innumerevoli fratture. Una proposta che si spinge ben oltre la mera
dimensione terapeutica e mira alla realizzazione di un processo di
individuazione — versione psicoanalitica del motto
pindarico-nietzschiiano “divieni ciò che sei” — che valorizza il mondo
come sua irrinunciabile sponda dialettica, alla ricerca di uno stile di
vita più consapevole e armonizzato. Un’esperienza per certi versi
simile, nota Màdera, all’originaria pratica della filosofia antica come
maniera di vivere improntata alla saggezza.
Ma come rinnovare,
senza tradirla, l’eredità di un maestro il cui motto preferito era
«grazie a Dio non sono junghiano»? Come «universalizzare l’esperienza
individuale e individualizzare il lascito universale» di una proposta
per la quale, come amava ripetere Jung, «il metodo è l’analista»?
Proprio lasciando la via dell’imitazione per quella dell’individuazione;
riconoscendo la dimensione storico-biografica come fondante; liberando
il soggetto dalla sterile autoreferenzialità narcisistica per
riconoscerlo come «interpunzione del tutto»; rilanciando in chiave
laica, ben oltre Jung, il dialogo con le diverse tradizioni spirituali
ed esplicitando la sua qualificazione etica, nella consapevolezza che
«nessuno resta fuori dalla nera Ombra collettiva dell’umanità» che è
tuttavia possibile integrare; partendo da sé ma avendo a cuore la
possibilità di incidere sul mondo. Un compito ambizioso ma tutt’altro
che futuribile del quale il libro ci offre una pluridecennale e
convincente testimonianza.
CARL GUSTAV JUNG di Romano Màdera FELTRINELLI PAGG. 154, EURO 14