domenica 13 novembre 2016

Repubblica Cult 13.11.16
Giuseppe Berto
Un male oscuro fra nevrosi e autoironia
di Simonetta Fiori

Il racconto è dolore, ma anche il silenzio è dolore. Da questa semplice premessa (rubata a Eschilo) è partito Giuseppe Berto per intraprendere la sua coraggiosa apnea letteraria dentro la nevrosi, in quel «male oscuro che uno si porta dentro di sé per tutto il fulgorato scoscendere d’una vita» (copyright Carlo Emilio Gadda). L’esito della spericolata avventura fu un capolavoro che rompeva con i codici di scrittura dell’epoca, sia nella scarsa punteggiatura a ricalco del flusso di coscienza sia nel linguaggio che non si limitava a descrivere una patologia ma la incarnava, era esso stesso manifestazione della malattia. Il male oscuro sarà riproposto a breve dall’editore Neri Pozza, impegnato nell’opera di recupero di uno scrittore ingiustamente dimenticato: forse proprio per la sua fisionomia di outsider della società letteraria, dotato di una «carattere scorbutico e intransigente » che gli ha procurato molte inimicizie ed anche qualche amicizia. Come quella con Gadda, un suo maggiore sia nella follia che nell’arte del narrare. E ispiratore del titolo del romanzo.
Come nasce Il male oscuro ci viene raccontato dallo stesso Berto nell’appendice che chiude il volume. All’origine è la depressione paralizzante che impedisce allo scrittore di lavorare. E l’incontro con un bravissimo psicoanalista che lo spinge a guardare dentro la sua nevrosi senza paura o vergogna di quello che avrebbe potuto trovarci, «perché qualunque cosa vi avessi trovato sarebbe stata sempre qualcosa di attinente all’uomo». Così Berto comincia la stesura del nuovo romanzo, che arriva a compimento nel giro di pochi mesi. Nessun pregiudizio e nessuna cautela lo frenano. L’odio per il padre, l’ansia di trovare Dio, il terrore dell’omosessualità, l’ossessione del cancro, la smisurata ambizione, i torbidi stimoli segreti: lo scrittore non censura niente perché era tutto materiale che aveva a che fare con la sostanza umana. Nasconderlo non sarebbe servito a nulla se non a rendere l’autore ancora più infelice. All’uscita, nel 1964, il romanzo ebbe un grande successo. Poi un lungo silenzio e oggi la necessaria riscoperta, favorita anche dalla complessità del presente. Ma non ci si aspetti dal Male oscuro solo dolore e tragedia. Un nevrotico, sostiene a ragione Berto, non potrebbe scrivere se non sostenuto dall’ironia, Gadda e Svevo docent. Il male oscuro, con un testo di Emanuele Trevi, in libreria a fine mese.
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Per rimanere più o meno in quella stagione, un libro di Viella ci suggerisce di cambiare sguardo sul cinema e le donne. Siamo a metà degli anni Settanta, il cinema italiano perde appeal sugli spettatori. E l’industria punta su attrici del talento di Mariangela Melato o ad alta tensione erotica come Laura Antonelli e Ornella Muti. Attenzione, ci dice Stephen Gundle: se la Melato rappresenta evidentemente l’emancipazione femminile, anche le altre due dive sono riuscite a incarnare desideri, aspirazioni e fantasie di un nuovo pubblico femminile più consapevole. L’erotizzazione del cinema è anche una risposta alle trasformazioni nelle relazioni tra uomini e donne.
Donne e cinema. Immagini del femminile dal fascismo agli anni Settanta, a cura di Maria Casalini, a breve in libreria.