Repubblica 8.11.16
Quel dio crudele dei cattolici reazionari
di Alberto Melloni
LA
 VOLGARITÀ di un frate domenicano — che dai microfoni di Radio Maria ha 
letto il terremoto come una punizione ed è stato licenziato dopo una 
presa di posizione vaticana — ha aperto un piccolo squarcio su una 
religiosità integrista, solitamente invisibile.
È un sottosuolo 
cattolico opaco e apprensivo, fatto di sentimenti reazionari: 
nell’era-Francesco è spesso antipapale, da sempre è teologicamente 
approssimativo.
Riprende il ritornello dell’intransigentismo 
dell’Otto-Novecento: per cui la modernità produce ribellioni contro le 
quali un Dio crudele, irriconoscibile alla fede biblica, reagisce 
mandando flagelli pedagogici. Quel pensiero antimoderno s’è sempre 
dotato di media “moderni” come i giornali, i movimenti, la radio, la tv.
Nel
 mondo dell’iper-comunicazione questo pulviscolo integrista è diventato 
più invisibile. Siti e antenne, blog e social, somministrano paure su 
misura: le paure su quel che si insegna a scuola per i movimenti 
pro-vita, quelle dei preti tradizionalisti che danno alla xenofobia 
leghista profumo d’incenso, quelle del radicalismo familista che 
manifestano verso l’amore omosessuale il risentimento degli irrisolti.
Basta
 ascoltare Radio Maria: che inculca in dosi quotidiane sospetti e 
inimicizie, con il suo leader, padre Livio Fanzaga che ogni giorno 
spiega leggendo i giornali dove sono i pericoli, chi sono gli avversari e
 soprattutto “smaschera” i traditori. Il tutto inframmezzato da momenti 
spirituali — per chi guida la notte o aspetta l’alba in ospedale, il 
rosario o l’ufficio divino sono meglio di Isoradio — dietro ai quali 
traluce la pretesa di essere gli unici battaglieri in una chiesa molle, 
gli unici fedeli in una chiesa di codardi, gli unici cattolici in una 
chiesa di apostati.
Le fantasticherie antibergogliane di Antonio 
Socci lì non suscitano compassione, ma ammirazione: la tesi del 
giornalista, nelle ore del terremoto, era che un vero pontefice avrebbe 
consacrato l’Italia alla Vergine Maria; e che Francesco non l’aveva 
fatto perché era un gesto “troppo cattolico” per un papa che egli 
ritiene grosso modo un usurpatore.
È un mondo agli antipodi della 
autentica pietà popolare: essa è il modo in cui una comunità espropriata
 della liturgia dal protagonismo clericale trova spazi e linguaggi che 
nascono da quell’intuito credente che la dottrina cristiana chiama 
“sensus fidei”.
In questo mondo di mezzo, invece, la partita è 
molto politica. Anche se non sono ancora diventati la variante cattolica
 delle chiese televisive americane — il cui peso elettorale sul voto 
americano di oggi è stato ben stimato dal Pew Center — i fans dei blog e
 delle radio integriste esprimono sono una potenzialità politica perché 
nel mondo delle disaffezioni politiche rappresentano una fidelizzazione.
La
 minaccia contro Renzi del raduno familista di Adinolfi — che giurava la
 vendetta della legge sulle unioni nelle urne del referendum — era solo 
una di queste possibili declinazioni. Che però potrebbero domani trovare
 inattese convergenze nel grillismo, la cui cultura, tutta e solo di 
destra, non ignora che c’è sempre un cattolicesimo opportunista, pronto a
 “dialogare” con ogni potere disposto a farsene patrono.
Che ad 
una voce onestamente minore come quella del padre Cavalcoli abbia 
reagito la Santa Sede in persona (non è usuale che il regista della 
politica italiana, il Sostituto, prenda la parola in modo così netto e 
categorico) dice che la chiesa di Bergoglio non sottovaluta quel che 
c’era di “politico” in quelle parole.
Che il disastro naturale 
possa dar adito a questioni filosofiche l’Europa lo sa dal 1755, quando 
il terremoto di Lisbona permise a Voltaire di polemizzare con i 
virtuosismi della “teodicea”, che giustificava Dio davanti alle 
catastrofi del mondo: ma onestamente padre Cavalcoli non è in 
quell’alveo... Appartiene piuttosto alla deriva che agitando temi 
reazionari ha fatto scivolare le chiese verso posizioni pericolose: come
 quelle della omonima Radio Maria polacca, che allarmò perfino Benedetto
 XVI nel 2006, quando i deliri antisemiti di quella emittente furono 
sanzionati, anche se senza grande successo.
Oggi con la casa 
natale di san Benedetto patrono d’Europa che si sbriciola mentre si 
sbriciola l’Europa, la Santa Sede ha dato un segnale molto cristiano e 
molto politico. Là dove viene meno il buonsenso umano e il buoncuore 
cattolico, si annida un bisogno di odio: che è l’aria che si respira in 
questo paese lacerato e vulnerabile. Che ha pensato per molto tempo di 
potersi scegliere i suoi grandi problemi — la disoccupazione, la 
denatalità, le migrazioni, il terrorismo, la crisi economica — e 
l’ordine in cui affrontarli. Anziché chiedersi quanta umiltà e quanta 
coesione servono per essere pronti quando ciò che incombeva accade, 
presentando al domani il conto di molti ieri.
 
