Repubblica 8.11.16
Quando Gesù rese libera la Donna
Censurata
per secoli dalla Chiesa la parabola dell’adultera rivela tutta la
misericordia divina. Perché Cristo difende anche la figura femminile
dalla violenza del mondo maschile
di Enzo Bianchi
priore della comunità monastica di Bose
Gesù
andò verso il monte degli Ulivi. Ma al mattino si recò di nuovo nel
tempio, e tutto il popolo veniva da lui; e sedutosi, insegnava loro.
Ora, gli scribi e i farisei gli conducono una donna sorpresa in
adulterio e, postala in mezzo, gli dicono: «Maestro, questa donna è
stata sorpresa in flagrante adulterio. Ora, Mosè, nella Legge, ci ha
comandato di lapidare donne come questa. Tu dunque che ne dici?».
Dicevano questo per metterlo alla prova, per avere di che accusarlo. Ma
Gesù, chinatosi giù, scriveva per terra con il dito. Ma poiché
continuavano a interrogarlo, si alzò e disse loro: «Chi di voi è senza
peccato, getti per primo la pietra contro di lei». E chinatosi di nuovo,
scriveva per terra. Ma essi, udito ciò, se ne andarono uno per uno,
cominciando dai più anziani. Lo lasciarono solo, e la donna era là in
mezzo. Ora, Gesù, alzatosi, le disse:
«Donna, dove sono? Nessuno
ti ha condannata?». Ella disse: «Nessuno, Signore». E Gesù disse:
«Neanch’io ti condanno. Va’ e d’ora in poi non peccare più». Questo
brano ha conosciuto una sorte particolarissima, che attesta il suo
carattere scandaloso e imbarazzante: è stato infatti “censurato” dalla
Chiesa! È assente nei manoscritti più antichi, è ignorato dai padri
latini fino al IV secolo, per cinque secoli non è stato proclamato nella
liturgia e non ci sono commenti a esso da parte dei padri greci del
primo millennio. Al termine di un lungo e travagliato migrare tra i
manoscritti è stato inserito nel vangelo secondo Giovanni, dopo il
settimo capitolo e prima del versetto 15 dell’ottavo.
Non è una
scena insolita: spesso i vangeli annotano che gli avversari di Gesù
tentano di metterlo in contraddizione con la Legge di Dio, per poterlo
accusare di bestemmia, di disobbedienza al Dio vivente. A quegli scribi e
farisei, in realtà, non importava nulla della donna, per loro era
importante trovare motivi di condanna contro Gesù: non volevano lapidare
l’adultera, ma far lapidare Gesù! Questi uomini religiosi fanno
irruzione nell’uditorio di Gesù, portano davanti a lui una donna
sorpresa in flagrante adulterio, la collocano in mezzo a tutti e si
affrettano a dichiarare: «Mosè, nella Legge, ci ha comandato di lapidare
donne come questa». Tale dichiarazione sembra formalmente ineccepibile,
perché cita la Legge; a uno sguardo attento, però, si coglie che il
loro ricorso alla Torah è parziale. La Legge, infatti, prevedeva la pena
di morte per entrambi gli adulteri e attestava la stessa pena, mediante
lapidazione, mentre se erano già sposati allora si ricorreva allo
strangolamento. Resta però altamente significativo che solo lei sia
stata catturata e portata davanti a Gesù, mentre l’uomo che ha commesso
adulterio con lei, e secondo la Legge è colpevole come lei, non risulta
né imputato né condotto in giudizio!
Cerchiamo di sostare per un
momento su questa scena. Ci sono alcuni che hanno portato a Gesù una
donna, perché sia condannata. Ma Gesù inizia a rispondere agli
accusatori parlando con il corpo, non con parole: si china,
abbassandosi, rompe il cerchio della «violenza mimetica » (René Girard),
spezza il faccia a faccia con quei farisei e si mette a scrivere per
terra, in assoluto silenzio. Dalla posizione di chi è seduto passa a
quella di chi si china verso terra; di più, in questo modo si inchina di
fronte alla donna che è in piedi davanti a lui! Poiché però gli
accusatori insistono nell’interrogarlo, dopo quel lungo e per loro
fastidioso silenzio riempito solo dal suo mimo profetico, Gesù si alza e
non risponde direttamente alla questione postagli, ma fa
un’affermazione che contiene in sé anche una domanda: «Chi di voi è
senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei». Poi si china di
nuovo e torna a scrivere per terra. Così una parola di Gesù, una parola
sola ma incisiva (al punto da essere divenuta proverbiale) e autentica,
una di quelle domande che ci scuotono e ci fanno leggere in profondità
noi stessi, impedisce a quegli uomini di fare violenza in nome della
Legge. Solo Dio, e quindi solo Gesù, potrebbe condannare quella donna.
Ebbene, qui Gesù — mi si permetta di dire — “evangelizza” Dio, cioè
rende Dio Vangelo, buona notizia per quella donna. Gesù, l’unico uomo
che ha raccontato in pienezza di Dio, che ne è stato l’esegesi vivente,
afferma che di fronte al peccatore, alla peccatrice, Dio ha un solo
sentimento: non la condanna, non il castigo, ma il desiderio che si
converta e viva. Gesù, inviato da Dio «non per condannare il mondo, ma
per salvare il mondo» anche qui agisce come aveva annunciato all’inizio
del suo ministero: «Non sono venuto a chiamare i giusti, ma i
peccatori».
Solo quando tutti se ne sono andati egli si alza in
piedi e sta di fronte alla donna. Lei, posta lì in piedi in mezzo a
tutti, ora è finalmente restituita alla sua identità di donna e vede
Gesù in piedi davanti a sé: così è possibile l’incontro vero. Infine,
Gesù conclude questo incontro con un’affermazione straordinaria:
«Neanch’io ti condanno. Va’ e d’ora in poi non peccare più». Sono parole
assolutamente gratuite e unilaterali. Ecco la gratuità di quella
assoluzione: Gesù non condanna, perché Dio non condanna, ma con questo
suo atto di misericordia preveniente offre a quella donna la possibilità
di cambiare. Non sappiamo se questa donna perdonata dopo l’incontro con
Gesù abbia cambiato vita; sappiamo solo che, affinché cambiasse vita e
tornasse a vivere, Dio, che non vuole la morte del peccatore, l’ha
perdonata attraverso Gesù e l’ha inviata verso la libertà: «Va’, va’
verso te stessa e non peccare più»… Le persone religiose vorrebbero che a
questo punto Gesù avesse detto alla donna: «Ti sei esaminata? Sai cosa
hai fatto? Ne comprendi la gravità? Sei pentita della tua colpa? La
detesti? Prometti di non farlo più? Sei disposta a subire la giusta
pena?». Queste omissioni nelle parole di Gesù scandalizzano ancora, oggi
come ieri! Nessuna condanna, solo misericordia: qui sta la grandezza e
l’unicità di Gesù. Questo incontro tra Gesù e la donna sorpresa in
adulterio non ci rivela solo la misericordia di Gesù, ma anche la sua
capacità di difendere la donna da un cerchio di uomini, sempre pronti a
giustificare se stessi e a condannare le donne. Purtroppo tutta la
storia dei credenti, dell’antica come della nuova alleanza, testimonierà
questo «occhio spione, esigente e condannante» degli uomini religiosi
nei confronti delle donne, ritenute colpevoli per la loro condizione —
dicono gli uomini — di creature sempre tentatrici e facili alla
tentazione. Questo esempio di Gesù sarà poco compreso e ancor meno
vissuto, ma sarà comunque memorizzato nel vangelo e vi saranno sempre
lettori che vi troveranno una buona notizia.
IL LIBRO Gesù e le donne di Enzo Bianchi (Einaudi pagg. 136 euro 17)