Repubblica 8.11.16
Emanuele Macaluso
“Noi dopo gli scontri ci scrivevamo. Un partito è una comunità o muore”
intervista di Alessandra Longo
ROMA.
Dall’alto dei suoi 92 anni portati benissimo, Emanuele Macaluso guarda
il Pd, partito cui non ha aderito, e scuote la testa: «Comunque vada il
referendum, vinca il Sì o il No, ormai si è determinato un clima che è
brutto presagio per il futuro. Il Pd perderà in qualsiasi caso perché un
partito è una comunità e se non c’è più la comunità non c’è più il
partito».
Nel suo blog su Facebook, lei definisce «un comiziaccio
gridato » il discorso di chiusura alla Leopolda. Che impressione le ha
fatto quel “Fuori! Fuori!” urlato dalla platea nei confronti della
minoranza Pd?
«La trovo un’indecenza. Purtroppo questo è il Pd con
questo segretario, con parte della maggioranza e della minoranza che
non sanno gestire il loro ruolo democraticamente e pacatamente ».
Andrà a finire con una scissione?
«Bersani non ha questa vocazione alla rottura. Forse qualche altro gruppetto, forse D’Alema ci pensa da un po’ di tempo».
L’espulsione dei dissidenti la esclude?
«Formalmente
la escludo. Però il clima che si è creato renderà impossibile la
convivenza, a prescindere da chi vinca il 4 dicembre. Con l’affermazione
del Sì si rafforzeranno gli sponsor del Pd “da ripulire” e si potrebbe
andare verso quel PdR, Partito di Renzi, che io giudico pessima cosa. Se
vince il Fronte del No ci sarà un’ondata contro Renzi, chiederanno le
sue dimissioni, la sua testa, e il Pd non potrà più dare le carte».
Le rotture umane, oltre che
politiche, sono le peggiori.
«È
proprio questo il punto. Io e Ingrao ci siamo sempre duramente
scontrati politicamente ma poi entrambi ci scambiavamo lettere
affettuose. Ancora oggi, ogni 15 giorni, pranzo insieme ad Aldo
Tortorella... Financo Occhetto, autore della svolta nell’89, non ha mai
pensato di buttare fuori chi non la condivideva. Tornando indietro, all’
XI Congresso del Pci, rivedo Ingrao, sempre lui, che attacca a testa
bassa la linea di Longo, di Amendola, dell’allora gruppo dirigente. Ci
fu chi chiese di toglierlo dall’Ufficio politico ma io, Berlinguer e
Natta andammo da Longo a dire che doveva rimanere al suo posto. Longo fu
assolutamente d’accordo: “Non se ne parla nemmeno. Ingrao resta
dov’è”».
Questo per dire?
«Per dire che il segretario di un
partito non può essere divisivo. Renzi, a mio avviso, ha un deficit
politico. Non capisce che in questa fase lo sforzo deve essere
inclusivo. Invece di usare parole pacate dicendo a Bersani che sta
sbagliando, alla Leopolda ha sollecitato la reazione di parte della
platea».
Bersani sta sbagliando?
«Non ha dimostrato grande
acume politico, ha fatto un errore serio. Ha votato tre volte la riforma
costituzionale e non la legge elettorale vincolando il suo Sì al
referendum alla modifica sostanziale dell’Italicum. Quella modifica c’è
stata con l’ accordo firmato da Gianni Cuperlo, che ha fatto bene il suo
dovere di minoranza, ma Bersani, che pure non è un arrogante e ha altre
buone qualità, continua a sostenere il No».
Considerano l’accordo carta straccia.
«Non è un documento interno al Pd ma un impegno assunto davanti a tutta l’opinione pubblica ».
Intanto è calato il gelo della minoranza nei confronti di Cuperlo e alla Leopolda si son viste quelle scene.
«Appunto:
perde il Pd, che rimane l’unica forza organizzata di un certo
centrosinistra. Purtroppo questo è il risultato di come si concepisce la
politica oggi, una guerriglia, con i suoi morti e i suoi feriti».