Repubblica 6.11.16
Germania
Gli stranieri umiliati. Un anno dopo Monaco archivia il sì ai profughi
Sgomberati
tra commenti razzisti gli extracomunitari che manifestavano sugli
alberi. La città tedesca nel 2015 aveva accolto commossa i siriani
di Tonia Mastrobuoni
MONACO.
L’ultimo profugo l’hanno tirato giù dall’albero alle quattro e mezza
del mattino. Un pompiere si è calato da una scala di venti metri e lo ha
acchiappato. Fino ad allora avevano resistito in diciotto; africani,
pachistani, siriani accovacciati dal pomeriggio in cima ai grandi aceri
del Sendlinger Tor. Gridavano: «Noi restiamo qui», minacciavano di
ribellarsi «fino alla morte». Soltanto un pugno di militanti di
sinistra, seduti sotto le grandi chiome gialle, non li ha abbandonati
fino all’ultimo, scandendo di tanto in tanto «Germania vergognati:
nessuno è illegale». Lo sgombero è avvenuto in un’indifferenza generale
che nelle ore piccole si è trasformata in aperta ostilità.
Qui, vicino alle scintillanti vetrine della città più ricca della Germania, accanto alla “
Feierbanane”
(“La banana della festa”) come la chiamano in gergo, la via dei locali
che si riempie nelle notti del fine settimana di tedeschi e turisti,
un’ottantina di migranti protesta da mesi contro i respingimenti nei
Paesi cosiddetti “sicuri”. Da settembre sono in una sorta di assemblea
permanente, occupano, vengono cacciati dopo un po’, ritornano. Da fine
ottobre hanno cominciato uno sciopero della fame, venerdì le ambulanze
ne hanno portati via quindici, stremati. Venerdì pomeriggio uno sgombero
fulmineo ne ha fatti andare via una sessantina. Gli altri sono saliti
sugli alberi. Anche Muhammad Kasim, il pachistano che aveva detto che
«stanchi di non fare nulla» nel centro di accoglienza - come avevano
denunciato tante volte erano pronti anche allo sciopero della sete.
Una
storia ormai nota ai monacensi, che non hanno mancato di dimostrare ai
manifestanti disperati, visibilmente indeboliti anche dal digiuno, tutto
il loro disprezzo. Tanti attraversano il Sendlinger Tor ogni giorno con
passo affrettato — è uno snodo centrale di metropolitana, tram e mezzi
pubblici. E tanti, anche ieri, li hanno degnati appena di uno sguardo.
Chi ha commentato, lo ha fatto con parole che con il calare della notte e
l’aumento del tasso alcolico sono diventate sempre più aggressive.
«Andatevene a casa», il più frequente. Un tizio, sbronzo, si è offerto
alla polizia, «datemi 500 euro e ve li tiro giù io». Altri hanno
vomitato il loro odio razzista su Twitter: «Non vi sembra simbolico che
questi tizi siano finiti su un albero?». Sembrano passati millenni dai
tedeschi in festa che accoglievano in centinaia quegli stessi migranti
alla stazione centrale di Monaco, applaudendo, scoppiando in lacrime,
riempiendoli di regali, di giocattoli per i bambini. Era un anno fa.
E
negli stessi minuti in cui i diciotto conquistavano i rami più alti
degli aceri, venerdì pomeriggio, il governatore della Baviera Horst
Seehofer cominciava il suo comizio alla Fiera, a pochi chilometri di
distanza. Trasformando il congresso della Csu in una sorta di drammatica
seduta di autocoscienza per riconquistare alla causa della Merkel un
partito da lui stesso aizzato da un anno contro la politica delle “porte
aperte sui profughi”. «Non venderò l’anima della Csu», ha detto con
tono drammatico e voce roca, davanti ai delegati in visibilio,
circondato dalle bandiere bianche e azzurre della Baviera.
Il
leader dei cristianosociali ha tuonato contro «l’Islam politico », ha
ribadito la richiesta di un tetto agli arrivi, 200mila. Ma l’operazione
più raffinata del vecchio leone della Csu è aver omesso di invitare
Merkel. Apparentemente un affronto — è la prima volta in sedici anni che
un leader della Cdu non viene invitato al congresso del “gemello”
bavarese. In realtà un modo per evitare fischi e contestazioni alla
cancelliera che avrebbero reso più difficile la rappacificazione che sta
avvenendo dietro le quinte.
Tuttavia, uno dei momenti più
significativi della kermesse è stato senza dubbio l’intervento del
ministro degli Esteri austriaco, Sebastian Kurz (Oevp). Un chiaro ospite
anti-Merkel. Uno che dopo la fallimentare rincorsa della destra
populista che nel suo Paese ha regalato soltanto voti alla Fpoe, ai
“nipotini di Joerg Haider”, è stato accolto come un eroe. Kurz ha
rivendicato la regia viennese del blocco austro- balcanico. E, senza
pudore ha raccontato di «essersi addormentato tante volte con l’angoscia
che il blocco di Idomeni saltasse ». Neanche un accenno alle migliaia
di disperati bloccati da quel confine nelle tendopoli greche; alle
famiglie, alle donne e bambini stremati dall’attesa. Il ministro
conservatore è sembrato uscire da un romanzo di Musil; sinceramente
inconsapevole del proprio cinismo. Soprattutto, la Csu è apparsa troppo
accecata dalla propria rabbia contro Merkel per non spellarsi le mani
per questo personaggio, simbolo di un pugno di ferro austriaco che non
ha portato mezzo consenso in più alle forze tradizionali. Ma che fa
tanto voce del popolo.