Repubblica 6.11.16
II dem sull’orlo della scissione Bersani: “I conti a dicembre”
Per Renzi la minoranza “voleva farmi fuori. Dopo il 4 un pezzo di sinistra sarà con me contro i ribaltoni”
L’“amarezza” dell’ex segretario per la scelta di Cuperlo. “Il mandato era rappresentarci tutti”
di Tommaso Ciriaco
ROMA.
«Volevano farci fuori, questo ormai è chiaro. Cercavano una scusa, un
alibi. Adesso questo alibi è svanito». Sul prato d’erbetta sintetica del
palco della Leopolda va in frantumi quel che resta dei vecchi equilibri
del Pd. Si spacca la minoranza, si allarga il solco tra la sinistra
interna e il segretario. Per paradosso, osserva Matteo Renzi, il colpo
di grazia arriva da Gianni Cuperlo, lontano mille miglia dall’ex
stazione fiorentina. «La sua è una scelta seria e coraggiosa – detta la
linea il premier – Ha reso evidente il piano di chi ha scelto il No per
inseguire obiettivi che non hanno nulla a che vedere con il merito della
riforma». Il leader punta il dito contro le manovre di chi mira a
bocciare la riforma costituzionale per far cadere l’esecutivo, con
l’idea di dar vita subito dopo a un governo senza Renzi a Palazzo Chigi.
«E invece ho bisogno di poter contare anche su un pezzo di sinistra al
mio fianco – spiega in privato – in modo da bloccare questi tentativi».
Lo
scontro investe già adesso il Pd, la scissione è ormai a un passo, ma è
chiaro che il risiko si combatterà la mattina del 5 dicembre, a urne
chiuse. Renzi ha fiutato le manovre dei suoi avversari interni e ripete
che soltanto con un Pd compatto potrò restare in partita, minacciando
anche il ricorso a urne anticipate. La sensazione, insomma, è di essere
già di fronte a un punto di non ritorno. «Questo testo – suona la carica
con i suoi Pierluigi Bersani - è totalmente insufficiente. Cuperlo ha
deciso di andare avanti da solo, ma l’accordo era che avrebbe dovuto
rappresentare tutti noi. La sua scelta mi amareggia ». Tutto cambia in
un pomeriggio. Fino a ieri i bersaniani consideravano impossibile lo
strappo di Cuperlo. E invece la frattura arriva, dopo una telefonata di
fuoco con Bersani. La minoranza va in frantumi. Roberto Speranza fatica a
contenere la rabbia: «Matteo cerca solo un alibi, comunque i conti si
fanno dopo il 4 dicembre. Gianni? Ha cambiato idea e non so perché.
Siamo di fronte a un fatto enorme, che non sottovaluto». Non lo
sottovaluta neanche Renzi. Anzi, è pronto a cavalcarlo fin da oggi,
chiudendo la Leopolda 7 e guidando il contrattacco. «Vedrete
l’intervento che ho preparato. Mi sembra chiaro che il clima è cambiato,
e che questa è una delle migliori edizioni di sempre per contenuti,
entusiasmo e partecipazione ».
C’è il timore del baratro e la
speranza di riscossa, attorno al palco leopoldino. Renzismo spinto e
voglia di mettere all’angolo la sinistra divisa. Il presidente del
Consiglio ritiene di poter ribaltare i sondaggi negativi. «Io penso che a
questo punto Bersani si è cacciato in un vicolo cieco », si sbilancia
Alessia Morani. «Adesso Matteo potrà dire che il Pd è compatto – fa eco
l’ultrarenziano Davide Ermini – sfruttando questo argomento in campagna
elettorale e mettendo in banca un patrimonio da spendere dopo il
referendum».
Fuoco e fiamme, questo promette invece la sinistra
interna ferita. Proprio l’ex segretario alzerà già domani da Siracusa il
livello dello scontro. Nel frattempo mastica amaro: «Non è pensabile di
risolvere il problema con quattro righe su un foglietto. Non c’è
proporzione tra la forza usata per approvare l’Italicum con la fiducia
in Parlamento e questo documentino. Sarebbe servito semmai un passaggio
vero in Parlamento».
Sarà corpo a corpo, da qui al referendum. «La
scelta di Cuperlo trasforma lo scenario – ragiona il capogruppo Ettore
Rosato - ed è chiaro che adesso Bersani e Speranza hanno un problema.
L’hanno mandato a trattare, lui ha ottenuto tutto quello che chiedeva e
adesso loro dicono comunque no? Ma dai…». In effetti il meccanismo
ipotizzato dai “saggi” dem va incontro a molte delle richieste della
minoranza. Accontenta anche Silvio Berlusconi, che Renzi considera
interlocutore indispensabile per ritoccare la legge. «Infatti il nostro è
un messaggio all’elettorato moderato di Forza Italia – è l’opinione del
capo del governo – perché in questo modo li rassicuriamo che faremo una
riforma assieme».
Il vero scoglio, però, sarà quello di tenere
assieme il partito dopo il 4 dicembre. In questo senso, lo strappo di
Cuperlo è più prezioso del platino, perché difficilmente la frattura
nella minoranza si ricomporrà. Forse è per questo che a sera il premier
ritrova la voglia di scherzare. Con i suoi non risparmia la battuta:
«Adesso a dire No restano soltanto Bersani, Speranza e altri quattro
amici…».