domenica 6 novembre 2016

Repubblica 6.11.16
Cuperlo
L’esponente della sinistra dem: “Ora voterò Sì, però non chiamatemi renziano”
“Abbiamo ottenuto quel che volevamo incoerente è chi parla di tradimento”
di Giovanna Casadio

ROMA. «Ho riscritto io la bozza perché la prima, quella di giovedì dopo la riunione al Nazareno, non andava bene…». Poi sono stati dilemmi e contatti: «Ho sentito Roberto Speranza, mentre Bersani l’ho cercato ma non l’ho trovato». La reazione di Cuperlo pochi minuti dopo la firma al documento di accordo sull’Italicum bis, è di «sollievo», come di chi ha superato il guado. Gianni, il triestino, il leader del Pd che ha imparato a fare politica nella Fgci, seguace della realpolitik di D’Alema per alcuni anni - ma con un certo distacco fino all’allontanamento definitivo - lo sfidante di Renzi alle primarie, quindi ha deciso: «Sono un uomo di dubbi, però poi mi assumo la responsabilità». Sa bene che la frattura e il rischio scissione nel Pd restano, che Bersani e i bersaniani accusano ora lui di incoerenza, di avere semplicemente spaccato la sinistra, e già fanno campagna per il No al referendum. Gianni si difende e contrattacca: «Non sono io l’incoerente. Evidente che non si può essere completamente soddisfatti, ma abbiamo ottenuto quello che come minoranza abbiamo chiesto per mesi. Quindi da parte mia firmare un documento su queste modifiche all’Italicum - i collegi per eleggere i deputati, il no al ballottaggio, il premio di governabilità, oltre all’elezione diretta dei nuovi senatori - è stato un atto di coerenza». Coerentemente come voterà al referendum costituzionale? «Voterò Sì».
Bersani ha detto che non si risolvono le cose con un foglietto di carta che vale un impegno generico. Anzi, peggio: equivale a quell’“Enrico stai sereno”, diventato ormai il promemoria dell’inaffidabilità di Renzi. Enrico era Letta e, dopo le rassicurazioni il segretario Renzi lo sfiduciò sostituendolo a Palazzo Chigi. Non può funzionare allo stesso modo anche per il documento Italicum? Cuperlo non ci sta: «Il documento è firmato dai capigruppo Rosato e Zanda, dal presidente del partito Orfini e vidimato dallo stesso Renzi. Se decidiamo che questo non vale nulla, per carità... ma allora diventa difficile pensarsi nella comunità del Pd».
Il convitato di pietra della scissione è sempre più presente. Anche se Cuperlo parla di «unità», di «lealtà, la cui prova spetta a Renzi», e di «dispiacere» per la frattura a sinistra. Questi i sentimenti che lo accompagnano in queste ore. Fedele al ruolo di mediatore, non vorrebbe polemizzare con i bersaniani. Ma alla fine lancia l’affondo: «Se stiamo sul piano della coerenza, allora potrei ricordare le battaglie che abbiamo fatto in commissione e in aula per migliorare la riforma... ». La riforma costituzionale è stata votata da tutto il Pd, minoranza inclusa. L’Italicum invece ha provocato la vera grande rottura: Speranza si dimise da capogruppo, la minoranza dem non votò la fiducia messa dal governo sulla legge elettorale. Cuperlo non teme ora di essere accusato di renzismo: «La mia storia parla per me...». Ritiene di avere condotto in porto la mission e di avere gettato le basi perché il centrosinistra rinasca, che è la scommessa politica. Da presidente del Pd si dimise per coerenza in conflitto con Renzi. Ma che non avrebbe accettato lo strappo del No al referendum si era capito sabato scorso quando, a sorpresa, si presentò alla manifestazione del Sì a piazza del Popolo. E si fece un selfie con la Boschi.