Repubblica 5.11.16
L’amaca
di Michele Serra
NO, il
terremoto non è un castigo divino: lo rende noto anche la Santa Sede,
invitando quelli di Radio Maria a chiudere il becco. Nel loro piccolo
anche geologi e sismologi lo avevano già spiegato piuttosto chiaramente,
che si tratta di assestamenti della crosta terrestre e non di
rappresaglie celesti. Ma al netto di una verità che non richiedeva
ulteriori conferme, un mistero rimane, ed è un mistero di molto
superiore alle possibilità di interpretazione della scienza (che
infatti, dinnanzi a Radio Maria, arretra): come fa l’essere umano a
essere così meschino, e al tempo stesso così cretino, da attribuire un
cataclisma naturale ai propri piccoli miserabili conticini con un Bene e
un Male comunque relativi, così opinabili da mutare di Paese in Paese,
di catechismo in catechismo e di faglia in faglia, così relativi che un
terremotato giapponese e uno peruviano e uno marchigiano, anche qualora
volessero pentirsi di qualcosa, non si pentirebbero per la stessa cosa.
Le
morali (e ancora di più i moralismi) sono minutaglie, appena briciole,
appena scampoli di fronte alla grandiosità — lei sì religiosa, nel senso
che tiene tutto insieme — della natura. Leggere un terremoto con un
libriccino di regolette igienico-sessuali tra le mani è come guardare il
Sole e chiedersi chi paga la bolletta. C’è una grettezza, nei bigotti,
una piccolezza di sguardo, che spaventa perfino più del fanatismo.
Esistesse il loro Dio, è a loro che riserverebbe le sue pene.