Repubblica 3.11.16
Quei muri tra noi e gli altri
Murakami: vi insegno a vivere con le ombre
La
letteratura non evita gli angoli bui degli individui e delle società,
non allontana i nostri lati oscuri: li affronta e illumina le nostre
paure
Alziamo muri tra noi e gli altri perché temiamo la nostra ombra
di Haruki Murakami
Pubblichiamo
il discorso che lo scrittore giapponese Haruki Murakami ha pronunciato
ricevendo il premio Andersen Il riconoscimento intitolato all’autore di
fiabe è il più importante premio letterario danese Fra gli ultimi
romanzi di Murakami tradotti in Italia da Einaudi, figurano Sonno
(2014), La strana biblioteca (2015), Vento & Flipper (2016)
SU
suggerimento di Mette Holm, la mia traduttrice danese, ho letto solo
recentemente L’Ombra, storia scritta da Hans Christian Andersen: era
sicura che l’avrei trovata interessante. Prima di leggerla, non avevo
proprio idea che Andersen avesse scritto storie simili. Leggendo la
traduzione giapponese de L’Ombra, ho trovato la trama intensa e
spaventosa. La maggior parte dei giapponesi pensa che Andersen abbia
scritto solo fiabe per bambini. Invece, sono rimasto sbalordito nello
scoprire che avesse scritto un racconto così cupo e senza speranza.
La
domanda mi è sorta spontanea: «Perché ha sentito la necessità di
scrivere una storia del genere?». Il protagonista è un giovane, che
lascia la madrepatria nel nord del paese e va verso una terra straniera a
sud. Lì succede qualcosa di inatteso: perde la propria ombra. È turbato
e confuso ma, alla fine, riesce a ricreare una nuova ombra e torna a
casa sano e salvo. In seguito, però, l’ombra perduta torna da lui: nel
frattempo era diventata più saggia, più potente e anche indipendente; da
un punto di vista finanziario e sociale era ora molto più affermata del
suo vecchio padrone. In altre parole, l’ombra e il suo ex padrone si
erano scambiati di posto. Ora l’ombra era il padrone e il padrone
l’ombra.
A questo punto, l’ombra si innamora di una meravigliosa
principessa proveniente da un’altra terra e diventa il re di quella
terra. Il suo vecchio padrone, l’unico a conoscenza del suo passato di
ombra, viene assassinato. L’ombra gli sopravvive e ottiene un grande
successo, mentre il suo vecchio padrone, l’essere umano, si estingue
tristemente.
Non ho idea di quali fossero i lettori che avesse in
mente Andersen quando scrisse questo racconto. Penso però che in esso
sia percepibile come Andersen, scrittore di fiabe, decise di abbandonare
l’ambito nel quale aveva lavorato fino ad allora e cioè le fiabe per
bambini, e aveva preso a prestito lo schema dell’allegoria per adulti e
tentato audacemente di riversarvi il suo cuore di individuo libero.
E
a questo punto vorrei parlare di me. Io non pianifico la trama mentre
scrivo un romanzo. Quando scrivo un romanzo, il mio punto di partenza è
sempre una singola scena o un’idea. Poi, a mano a mano che scrivo,
lascio che questa scena o idea si sviluppi da sola. Mentre scrivo, sono
il testimone di ciò che accade. Dunque, per me scrivere un romanzo è un
viaggio di scoperta, proprio come dei bambini che ascoltano una storia e
che, impazienti, si chiedono come andrà a finire.
Mentre leggevo
L’ombra, la prima impressione che ho avuto è stata che anche Andersen
scriveva per “scoprire” qualcosa. Ho l’impressione che gli fosse venuta
l’idea della tua ombra che ti lascia e ha usato tale idea come punto di
partenza per scrivere la storia e l’ha scritta senza sapere come sarebbe
andata a finire.
La maggior parte dei critici moderni e anche
molti lettori hanno la tendenza a leggere le storie in maniera
analitica. Vengono formati dalla scuola, o dalla società, che fa credere
loro che questo sia il metodo di leggere più corretto. La gente
analizza e fa recensioni dei testi da un punto di vista analitico, o
sociologico o anche psicoanalitico. Il fatto è che, se un romanziere
dovesse tentare di scrivere una storia in modo analitico, l’intrinseca
vitalità della storia andrebbe perduta. Non si creerebbe nessuna empatia
tra lo scrittore e i lettori. Spesso succede che i romanzi che mandano i
critici in visibilio non piacciono molto ai lettori, ma altrettanto
spesso i lavori che i critici ritengono eccellenti dal punto di vista
analitico non riescono a conquistare la naturale empatia dei lettori.
Ne
L’ombra di Andersen, si vedono tracce di un viaggio alla ricerca di sé
stesso che respinge quel tipo di facile analisi. Questo non può essere
stato un viaggio agevole per Andersen, dato che si trattava di scoprire e
di vedere la propria ombra, il lato oscuro di sé stesso che avrebbe
voluto evitare di guardare. Ma da scrittore onesto e accurato, Andersen
ha affrontato quell’ombra in modo diretto, nel bel mezzo del caos, ed è
andato avanti senza paura.
Quando scrivo un romanzo, mentre
attraverso l’oscuro tunnel della narrazione, incontro una visione
totalmente inaspettata di me stesso, che deve essere la mia ombra. A
questo punto, ciò che mi viene richiesto è di descrivere questa ombra
nel modo più accurato e sincero possibile, senza distogliere lo sguardo
da es- sa, senza analizzarla in maniera logica; piuttosto, la devo
accettare come una parte di me stesso. Tuttavia, non sarebbe giusto
arrendersi al potere di questa ombra. La devi assorbire questa ombra e,
senza perdere la tua identità di persona, la devi interiorizzare come
una parte di te stesso. Devi condividere con i tuoi lettori tale
procedimento, tale sensazione.
Nel Diciannovesimo secolo, quando è
vissuto Andersen, e nel Ventunesimo, il nostro, dobbiamo, quando
necessario, affrontare le nostre ombre, sfidarle e, a volte, anche
lavorare con esse. Ciò richiede il giusto tipo di saggezza e coraggio.
Certo, non è compito facile. A volte sorgono dei pericoli. Ma se le
persone evitano le ombre, potrebbero non crescere e maturare nel modo
corretto. Oppure, ancora peggio, potrebbero finire come lo studioso
nella storia L’ombra, distrutte dalla propria ombra.
Non devono
essere solo gli individui ad affrontare le proprie ombre. Proprio come
gli individui, anche le società e le nazioni hanno le loro ombre. Se da
una parte vi sono gli aspetti luminosi, come contraltare, vi saranno
quelli oscuri. Se vi è un lato positivo, ci sarà anche quello negativo.
A
volte tendiamo a distogliere gli occhi dall’ombra, cioè da quelli che
sono i nostri aspetti negativi. Oppure tentiamo di eliminare quegli
aspetti a tutti i costi. Ciò perché le persone vogliono evitare il più
possibile di guardare al proprio lato oscuro, ai propri difetti.
Tuttavia, affinché una statua sembri solida e tridimensionale, le ombre
sono necessarie: eliminare le ombre conduce solo a una piatta illusione.
Una luce che non genera ombre non è una vera luce.
Per quanto
alto sia il muro che tiriamo su per tenere fuori gli intrusi, per quanto
escludiamo gli estranei, per quanto riscriviamo la storia adattandola
ai nostri desideri, non riusciamo a fare altro che danneggiare e ferire
noi stessi. Con pazienza dobbiamo imparare a vivere con la nostra ombra.
E a osservare il nostro lato oscuro. A volte, in un tunnel buio, sei
costretto ad affrontare i tuoi aspetti negativi. Se non lo fai entro
breve, la tua ombra crescerà sempre più forte e, una notte, tornerà a
bussare alla tua porta e ti sussurrerà: «Sono tornata».
Le storie eccezionali possono insegnarci molte cose. Ci insegnano lezioni che vanno oltre il tempo, le varie epoche e culture.
Traduzione di Assia Rosati