Repubblica 3.11.16
La London School scommette sulla vittoria del No
Due politologi dell’Eui hanno esaminato i sondaggi degli ultimi anni e calcolato i possibili risultati della consultazione
di Ferdinando Giugliano
ROMA.
Se il referendum costituzionale si tenesse domani, il “no” avrebbe più
del 90% di probabilità di vittoria, secondo un’analisi di due
ricercatori dell’Istituto Universitario Europeo (Eui) di Firenze,
pubblicato anche sul blog “Europp” della London School of Economics.
I
politologi James Dennison e Jonas Bergan Draege hanno raccolto i
sondaggi sul voto di dicembre pubblicati negli ultimi due anni e mezzo e
calcolato la probabilità con cui potrebbe avverarsi la vittoria di
ciascuno dei due schieramenti. Lo studio mostra come il “sì” abbia visto
il suo vantaggio nei sondaggi ridursi progressivamente, prima di essere
superato in maniera piuttosto netta dal “no” in estate. «Se si guarda
soltanto ai sondaggi di ottobre e si ignorano gli indecisi, c’è una
probabilità del 92,3% che il no sia in vantaggio», spiega Dennison a
Repubblica.
Lo studio cristallizza la crescente convinzione fra
molti osservatori che Matteo Renzi possa uscire sconfitto dal
referendum, aprendo una fase di instabilità politica. Lo “spread” fra i
titoli di Stato italiani e tedeschi è risalito negli ultimi giorni ai
livelli più alti da giugno, con diversi investitori che si interrogano
sul futuro del premier e del governo in caso di vittoria del “no”.
I
due studiosi sottolineano come il loro lavoro sia soggetto ad ampi
margini di incertezza, primo fra tutti la percentuale di indecisi. A
differenza di altri referendum, il numero di intervistati che ancora è
in dubbio su come votare non tende infatti a diminuire molto, anche a
causa della complessità del quesito.
Dennison e Draege sono poi
convinti che il premier possa ancora recuperare lo svantaggio, per
esempio puntando su una campagna maggiormente incentrata sui contenuti
della riforma e meno sul suo futuro politico. «La personalizzazione del
voto dell’inizio della campagna è stata un grave errore», dice Draege.
«Il fronte del Sì sta provando a superare questa strategia e questo
potrebbe aiutarli».
Un altro studio di Cristiano Vezzoni e Paolo
Segatti, pubblicato quest’estate per la rivista il Mulino e citato dai
due ricercatori dell’Eui, mostra infatti come gli stessi elettori
tendano ad essere più favorevoli alla riforma se questa viene presentata
in chiave “antipolitica”, e meno se viene ricordato loro che è il
premier a sostenerla. «C’è un rischio che Renzi si stia trovando nel
posto sbagliato al momento sbagliato», dice Dennison. «Ha presentato la
riforma come un modo di dare ai politici più potere per cambiare le
cose, ma lo fa in un momento in cui l’antipolitica non è mai stata così
forte».
Secondo altri ricercatori, lo studio potrebbe stare
addirittura sottovalutando la forza del “no”. Chris Hanretty, professore
di scienze politiche presso l’Università di East Anglia a Norwich, che
ha provato a predire con un suo modello il risultato delle elezioni del
2013 in Italia, sostiene per esempio che i sondaggi italiani tendano a
sottostimare l’elettorato del Movimento 5 Stelle, che in larga parte si
oppone alla riforma. Hanretty nota poi come ci siano alcuni istituti
demoscopici che tendano sistematicamente a sovrastimare il “sì”. «Se li
si elimina, il vantaggio del “no” è ancora più marcato», dice.
Il
referendum che ha sancito l’uscita della Gran Bretagna dall’Unione
Europea ha però mostrato come le previsioni di politologi e investitori
possano frantumarsi alla prova delle urne. «Alla fine il risultato del
voto su Brexit era compreso nel margine di errore», dice Dennison.
«Tuttavia, nell’immaginario collettivo i sondaggi devono dare una
predizione precisa. In voti dove l’elettorato si spacca più o meno a
metà tra due risposte, è molto difficile farlo».