Repubblica 26.11.16
Giovanna Mezzogiorno “Io, bocciata ma vincente”
L’attrice: da Moretti a Bellocchio, quanti no dai registi
“Confrontarmi con gli adolescenti di oggi è stato un disastro”
intervista di Arianna Finos
GIOVANNA
MEZZOGIORNO smonta allegramente l’immagine da prima della classe del
cinema italiano che l’accompagna da quasi un ventennio. «A scuola ero un
disastro. Sono stata bocciata due volte. Dai tredici ai diciassette
anni ero un muro di gomma, non entrava nessuna informazione nel mio
cervello». L’occasione per rispolverare i ricordi sui banchi di scuola è
il film Come diventare grandi nonostante i genitori di Luca Lucini,
commedia disneyana in cui l’attrice interpreta la madre di una
studentessa. «Confrontarmi con gli adolescenti di oggi è stato uno choc.
Sono avanti anni luce rispetto a ciò che ero io alla loro età». Sguardo
magnetico, voce profonda, personalità decisa. Difficile immaginare
questa giovane donna in jeans e magliettona a righe, che si racconta nel
bar del torinese “Principi di Piemonte”, arrendersi di fronte a un
compito in classe. «Eppure era così. I miei mi avevano erroneamente
considerata un piccolo genio, alle medie i miei temi venivano letti in
classe. Al liceo entrai nel buco nero. Ore sui dizionari e poi, al
momento della versione in classe, gli altri intorno a me andavano
spediti e io annaspavo». Il Beccaria di Milano «è un liceo enorme,
rigido: se vai bene ok, altrimenti in un attimo finisci all’ultimo banco
in mezzo ai “caciaroni”. In più io ero attiva politicamente, anche se
non come una leader, erano gli anni del Leoncavallo». La fine del tunnel
è arrivata cambiando scuola: «Al liceo linguistico sono tornata il
piccolo genio. Ero solo più seguita, era una scuola privata. Ma i miei
figli li manderò a una statale».
Nata a Roma, Casal Palocco,
Giovanna Mezzogiorno si è trasferita a Parigi («avevo nove anni, non
sapevo nemmeno attraversare la strada da sola»), e poi a Milano: «Gli
anni milanesi sono stati importanti. La formazione politica, i primi
amori e l’idea di una famiglia quasi normale». Vittorio Mezzogiorno,
ottimo attore, non è stato un padre facile: «Era duro, quanto mia madre
era morbida. Penso che un genitore debba prima di tutto rispettare la
personalità del proprio figlio. Spero di dare ai miei bimbi basi forti,
fiducia in se stessi e buona educazione, parola ottocentesca che per me è
importante». Diventare madre di due gemelli è un evento che ti
stravolge la vita. Giovanna Mezzogiorno ne ha parlato apertamente «con
il risultato di finire in melodrammatici titoli di giornale. Ma è la
realtà, la gravidanza mi ha distrutto fisicamente. Aspettare due
gemelli, ingrassare venti chili, avere i bimbi in terapia intensiva,
dare loro il biberon di notte, ogni tre ore. Ho preso il tempo che
serviva a loro e quello che serviva a me, per rimettermi in sesto».
Quella della “mammina” è stata solo l’ultima etichetta. Sorride e
spiega: «Prima sono stata la figlia di Vittorio, poi ho iniziato a fare
film belli, vinto dei premi, finalmente io. Ma è durata poco, perché
sono diventata “la fidanzata di Stefano Accorsi”: tre anni dopo che ci
eravamo lasciati nelle mie interviste mettevano ancora la sua fotina». È
seguita la fase di La finestra di fronte e i premi, nazionali e
internazionali: «Sono diventata “l’impegnata che fa i film tristi” e
tutti a chiedere: “Perché non fai le commedie?”. Ora eccomi al “grande
ritorno”. Da due anni, perché già nel 2014 ho girato I nostri ragazzi di
Ivano de Matteo. Per quanto ancora continuerò a “tornare”?». Nel
frattempo con Gianni Amelio ha girato La tenerezza, «un autore immenso,
un film toccante», sarà nella nuova stagione di In treatment,
«l’analista dell’analista Sergio Castellitto. Sono felice. Anche perché
credo nell’analisi, ne ho fatta molta». Con i registi ha sempre avuto un
buon rapporto, «ho bisogno di essere diretta. Nella vita posso essere
polemica, sul set no». Giovanna l’autoironica racconta le bocciature
artistiche: «In Francia ho fatto centinaia di provini, il cartello in
mano con il nome... Nanni Moretti, dopo due provini lunghissimi, non mi
ha preso. Bellocchio, con cui poi ho girato Vincere, non mi volle ne La
Balia. Quel film lo volevo fare perché c’era Fabrizio Bentivoglio, di
cui ero innamorata da quando avevo tredici anni. Lui lo sapeva e quando
mi incontrava era imbarazzatissimo». Il futuro è chiaro: «Lavorare bene,
come sempre. In questi anni le persone hanno continuato a fermarmi per
strada. Credo di aver instaurato con il pubblico un rapporto di fiducia.
Sanno che andando a vedere un mio film non si troveranno davanti a una
scemenza».