Repubblica 25.11.16
Se Donald non ama la Cia
di Vittorio Zucconi
COME
il manovratore del tram al quale è vietato parlare, così il nuovo
conduttore del tram chiamato America preferisce non essere disturbato
dalle informazioni delle proprie spie.
Soltanto due volte, da
quando ne ha acquisito il diritto come “President Elect” l’8 novembre,
Donald Trump ha ascoltato il briefing quotidiano sullo stato del mondo
che la Cia prepara.
A differenza di Jimmy Carter, secchione ex
ufficiale di Marina che esigeva pile di documenti, di Richard Nixon, che
voleva sapere tutto ma nella sua paranoia voleva i briefing sigillati e
«solo per i suoi occhi» o di Bill Clinton che attaccava bottoni
interminabili allo sventurato direttore della Cia spiegandogli, lui,
come funzionava il mondo, Trump è notoriamente allergico allo studio in
generale. Preferisce affidarsi al proprio intuito di “Improvvisatore in
Capo”. In questo è vicino al presidente al quale sembra volersi sempre
più ispirare, a quel Ronald Reagan che, davanti alla minacciosa catasta
di classificatori rovesciati ogni mattina sulla sua scrivania dalla
National Intelligence, chiese ai prolissi, diligenti analisti della Cia
di ridurre tutto a una sola pagina. E di riassumerla a voce. O Kennedy,
che dopo il tragico bidone della Baia dei Porci, rifiutò di dare udienza
alla Cia, fino alla Crisi dei Missili. Ma Kennedy era un pessimista,
Reagan un ottimista. Come è Trump, che preferisce non sapere, per non
agitare il sogno della nuova grandezza americana, indisturbata da quel
mondo là fuori, così irritante.