Repubblica 25.11.16
L’Economist si schiera “Meglio se vince il No” Renzi: ci vogliono deboli
Il settimanale finanziario: e poi un governo tecnico
di Tommaso Ciriaco Enrico Franceschini
DOPO
VENT’ANNI di battaglia contro Silvio Berlusconi, l’Economist mette nel
mirino Matteo Renzi. «Ha sprecato quasi due anni ad armeggiare con la
Costituzione. Prima l’Italia torna ad occuparsi delle riforme vere,
meglio è per tutta l’Europa», scrive il settimanale, tracciando anche
scenari sui futuri assetti di governo: «Le sue dimissioni potrebbero non
essere la catastrofe che tanti in Europa temono. L’Italia potrebbe
mettere insieme un esecutivo tecnico, come ha fatto tante volte in
passato». Una sconfessione pesante e un’apertura a una soluzione non
politica, che provoca euforia tra i cinquestelle - con il blog di Beppe
Grillo pronto a rilanciare a tutta pagina l’articolo - ma che non
preoccupa Renzi. «Tutti sanno che se vince il Sì si aprirà una battaglia
in Europa sui dossier più caldi - è il ragionamento - mentre con il No
ci sarà una nuova soluzione “alla Monti”, e nessuno fiaterà a Bruxelles.
Noi non ci staremo mai». Solo con le riforme, insomma, «l’Italia
diventerà il Paese più stabile d’Europa: è evidente che qualcuno
preferisca un esecutivo tecnocratico ». Lo schiaffo dell’Economist
arriva nel giorno in cui Sergio Marchionne visita lo stabilimento di
Cassino assieme al premier, spendendosi per il Sì il 4 dicembre. Il
contro endorsement del giornale britannico, però, è fragoroso. «La
riforma - si legge - introduce la figura dell’uomo forte. E questo nel
Paese che ha prodotto Mussolini e Berlusconi, ed è vulnerabile rispetto
al populismo ». Un restyling costituzionale, prosegue l’articolo, che
non si occupa del «principale problema dell’Italia: la riluttanza a
riformare ». Meglio sarebbe stato partire invece da altri interventi
«strutturali », come la giustizia e l’informazione. Prevalesse il fronte
del No, promette in ogni caso l’Economist, nessun dramma. E se
provocasse il collasso dell’euro? «Allora vorrebbe dire che la moneta
unica è così fragile che la sua distruzione era solo questione di
tempo». L’affondo anti-Renzi, secondo indiscrezioni, avrebbe però diviso
la redazione dell’Economist. Da una parte la direttrice Zanny Minton
Beddoes e alcuni giovani editorialisti. Dall’altra, per il Sì, il
corrispondente dall’Italia, i responsabili dei servizi sull’Europa e
altri analisti. «Abbiamo appoggiato il Remain e Hillary – commenta una
fonte interna al giornale - La scelta per il No potrebbe dunque essere
considerata il bacio della morte ». Nel senso, cioè, di un terzo
endorsement sconfitto nelle urne.
A nove giorni dal voto, intanto,
moltissimo si muove, anche in chiave interna. E si segnala per
attivismo anche Silvio Berlusconi: «Non credo che Mattarella potrebbe
consentire delle elezioni con l’Italicum – è la tesi del Cavaliere -
perché avremmo il rischio di ritrovarci Grillo al governo ». L’ex
premier, inoltre, stuzzica l’attuale capo dell’esecutivo: «Ha sbagliato
mestiere, avrebbe dovuto fare il presentatore tv. Io l’avrei preso». Non
replica Renzi, impegnato nel suo tour elettorale. Il leader giura che
le inchieste non influenzeranno il referendum - «un Paese maturo vota
con grande libertà e tutti dobbiamo “scalare una marcia”» - e continua a
battere soprattutto su un punto: «Il fronte del No vuole che si apra
una nuova stagione di instabilità nel Paese».