giovedì 24 novembre 2016

Repubblica 24.11.16
Il gioco delle sorprese sull’ultimo miglio
di Piero Ignazi

TUTTI gli ultimi sondaggi pubblicati indicano una vittoria del No al prossimo referendum del 4 dicembre. Le recenti disavventure delle previsioni alle elezioni presidenziali americane, e ancora di più alle primarie della droite francese di domenica, inducono alla cautela nel pronosticare la sconfitta dello schieramento del Sì. Soprattutto perché vi sono alcuni validi motivi per ritenere che il Sì — indipendentemente dalle preferenze di chi scrive — abbia buone possibilità di successo. Vediamole.
1) Il vantaggio del No è stato costante in tutti questi mesi. Come dimostrano molti casi e in particolare la raffinata analisi statistica di Serge Galam sulla dinamica delle opinioni dell’elettorato (un suo paper del 22 agosto aveva previsto la vittoria di Trump), il vantaggio di una parte pubblicizzato dai media e dai sondaggi mobilita la componente avversaria: questo quadro crea una dinamica favorevole alla parte percepita come la più debole e invece rilassa quella che si ritiene vincente. In effetti, il Sì è già da qualche settimana all’attacco ed è divenuto dominante in termini di interventi e nei media. Il tono è quello arrembante di chi deve andare a conquistare posizioni mentre il No è sulla difensiva.
2) La disponibilità di una struttura partitica tradizionale. Tutto il Pd è mobilitato per il Sì, ivi comprese molte componenti che su altri piani si oppongono alla segreteria Renzi, dall’area ex-Civati a quella di Cuperlo più la frangia dei “giovani turchi” critici. Ad eccezione dei bersaniani tutto il partito si è attivato per il Sì, e anche in periferia molti sostenitori dell’ex segretario evitano di fare propaganda per il No. Il riflesso di solidarietà e compattezza, introiettato da anni di cultura politica di lealtà alla “linea del partito”, si fa sentire.
3) Il peso della rete degli amministratori soprattutto al centro-sud.
Renzi ha accortamente mobilitato gli eletti nelle amministrazioni locali, soprattutto nel centro-sud. In questi contesti il voto — anche sul referendum — si esprime come gesto di sostegno e solidarietà nei confronti degli eletti locali. Sono i sindaci e gli altri amministratori locali che indirizzano il voto di tanti che per “tradizione” si sentono in primo luogo fedeli al proprio rappresentante. E se questo dice di votare Sì, in un contesto difficile come il cambiamento della costituzione, gli elettori si adeguano senza problemi.
4) Il quesito referendario. La formulazione del quesito referendario con un chiaro riferimento alla riduzione dei costi della politica solletica uno dei sentimenti più diffusi oggi in Italia. L’insistenza su questo punto da parte del Sì trova un riscontro nella scheda e questo può far scattare la scelta. Un tale comportamento non deve stupire perché sappiamo che una quota non indifferente, e crescente, sceglie all’ultimo minuto, proprio nella cabina elettorale. Il quesito così formulato può essere convincente per chi decide in extremis.
5) L’eterogeneità del fronte del No. È vero che in termini di voto alle ultime elezioni e sulla base delle attuali preferenze politiche la maggioranza degli italiani è a favore del No. Ma le dinamiche referendarie hanno sempre contraddetto il riferimento alle scelte politiche del passato, in Italia e altrove. Il fronte del No spazia dalla destra più arrembante alla sinistra più critica passando per alcune figure più moderate e istituzionali. Questa trasversalità, che appare una forza, diventa invece un elemento di debolezza perché proprio l’eterogeneità dei fautori del No priva questo fronte di un leader riconosciuto e di una proposta alternativa condivisa. Il No si profila essenzialmente come una espressione di rifiuto, senza una indicazione sul futuro ( salvo un documento promosso da Massimo D’Alema che però non ha avuto alcuna visibilità).
6) Il timore del “salto nel buio”. Stabilità e continuità, integrate da progresso e rinnovamento, sono messaggi rassicuranti e convincenti. È vero che circola in molti strati dell’opinione pubblica un fortissimo sentimento di insoddisfazione e la personalizzazione di Renzi può sollecitare questo strato di elettorato a votare contro. Ma vi è anche una componente altrettanto ampia di persone che non amano, sia per riflessi conservatori tout court sia per preferenze e interessi, essere messe di fronte all’imprevisto. Il No apre scenari nuovi e “incerti” mentre il Sì garantisce continuità ma anche cambiamento. Un mix molto efficace.
Tutto può succedere in queste due settimane. La tendenza registrata dai sondaggi può confermarsi o essere smentita. Ma di fronte alle previsioni generali di una vittoria del No, va ricordato che il Sì ha molte frecce nel suo arco.