giovedì 24 novembre 2016

La Stampa 24.11.16
Caro lettore, smarrito tra i veleni
A 10 giorni dal voto molte le falsità e le imprecisioni diffuse nell’elettorato: dalla svolta autoritaria all’intervento dell’Ue
di Marcello Sorgi

Per carità, sarà anche colpa di noi giornalisti incapaci di spiegare bene i contenuti della riforma costituzionale, sebbene da settimane, per non dire da mesi, giornali, siti web, telegiornali, talk-show e programmi di intrattenimento su tv e radio non parlino d’altro.
Oppure sarà colpa della propaganda soffocante con cui si combattono il governo, il fronte del Sì e quello del No. A dieci giorni dal voto, però, la consapevolezza di ciò su cui si andrà a votare il 4 dicembre non è affatto diffusa, come risulta da un esperimento, magari non proprio scientifico, ma indicativo: La Stampa ha chiesto ai propri lettori, in questa settimana di vigilia del voto, di spiegare via mail i motivi per cui voteranno a favore o contro le riforme istituzionali, o non andranno a votare. Ne è uscito un florilegio di ragioni e di convinzioni in buona parte fondate su falsità e approssimazioni che non corrispondono alla realtà. Chi invece s’è fatto un’idea reale della materia del contendere si chiede «perché ogni giorno in tv c’è gente che non sa rispondere o dà risposte errate» sul quesito referendario: con tutto il tempo che c’era, non poteva informarsi? Ma appunto, come osserva un altro lettore, «ripeti una menzogna mille volte, e vedrai che finirà col sembrare una verità».
C’è quello che consiglia a Renzi di fare come re Umberto, che si dimise prima del referendum Monarchia-Repubblica del 2 giugno 1946. Falso. Non solo non si dimise prima, ma anche dopo non voleva prendere atto della vittoria repubblicana e De Gasperi dovette convincerlo a mollare con modi un po’ energici. Ci sono uno, due, tre, quattro, e insomma tanti, che ancora si chiedono come sia stato possibile che un Parlamento dichiarato illegittimo dalla Corte Costituzionale abbia potuto approvare un cambiamento della Costituzione. Falso anche questo: la Consulta, con la sentenza 1 del 2014, ha cancellato il Porcellum, la legge elettorale con cui le Camere sono state elette nel 2013, ma ha contemporaneamente riaffermato la legittimità del Parlamento.
Ma era proprio necessario indire il referendum, non è stato un «gesto temerario?», s’interrogano altri due. Invece era obbligatorio, dato che la riforma è stata approvata con meno dei due terzi di maggioranza. E votando Sì non si aprirà la strada alla riforma «di un uomo solo al comando»? Veramente la riforma è stata votata sei volte (dicasi sei) da Camera e Senato. Con la vittoria del No prevarrà «la tesi germanica che vuole applicare il Modello Grecia» anche al nostro Paese? L’Italia uscirà dall’euro, come ha scritto il «Financial Times»? Sarà bloccato pure «l’aumento di capitale Unicredit?», come ha detto in un comizio (chissà se è vero) il sindaco di Verona Flavio Tosi? Sono solo alcuni esempi dei timori catastrofici che senza alcuna concreta ragione, va ribadito popolano le notti insonni di molti capifamiglia.
Inoltre, in buona parte delle lettere, l’incubo della «svolta autoritaria», o della «dittatura democratica» aleggiano accompagnati da propositi di resistenza, costernazione o rassegnazione. Il fondamento di questa che appare ormai una certezza, in caso di vittoria del Sì, è legato all’accoppiata (il famigerato «combinato disposto») tra i cambiamenti costituzionali su cui si vota e la nuova legge elettorale, l’Italicum che Renzi s’è impegnato a cambiare e dovrebbe comunque, prima di entrare effettivamente in vigore, essere sottoposto al giudizio della Consulta. La quale non mancherà di valutarne gli effetti, specie in caso di approvazione popolare del nuovo assetto introdotto dalla riforma.
Nei pochi giorni che restano, con un livello di scontro politico oltre qualsiasi esempio del passato (perfino del Fanfani che nella campagna sul divorzio ammonì gli elettori siciliani dal rischio di ritrovarsi «cornuti»), sarà difficile riuscire a correggere i tanti pregiudizi e le false verità ormai diffuse. E tuttavia, sarà lecito egualmente provare a rassicurare i nostri lettori: tranquilli, il fascismo non è alle porte.