giovedì 24 novembre 2016

Corriere 24.11.16
Le opposizioni temono la scelta degli elettori «silenziosi»
di Massimo Franco

Si cominciano a intravedere due possibili esiti del referendum istituzionale del 4 dicembre: o una vittoria del No, o una vittoria del Sì seguita da un’ondata di ricorsi per presunte irregolarità nel voto degli italiani all’estero. Questo dice la polemica che lievita tra i due schieramenti. Che esistano sospetti sulle schede elettorali oltre confine è noto: al punto che era stato segnalato il pericolo di una Costituzione contestata. E il fatto che già si parli di una prevalenza del Sì in quelle circoscrizioni finisce per alimentare la tesi, tutta da dimostrare, di un voto condizionato. La Farnesina è sotto pressione, e gli errori che si registrano nell’invio delle schede elettorali non aiutano. Il ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni, ha dovuto spiegare che in un caso recente, a Praga, si è trattato di un errore della tipografia. «Gli italiani all’estero non sono imbroglioni», li ha difesi Gentiloni. Ma il tema è serio, e viene usato come arma referendaria. M5S e Lega annunciano una pioggia di ricorsi se il Sì dovesse vincere in modo troppo vistoso in quelle circoscrizioni. Insomma, è in atto un’offensiva tesa a bilanciare quella del governo. Contiene una miscela di dubbi legittimi e di strumentalismo. E forse si spiega anche con la preoccupazione di una rimonta del Sì, che al di là dell’onnipresenza di Renzi può contare su elettori più silenziosi di quelli del No. Il timore degli avversari è che l’appello del premier alla «maggioranza silenziosa» faccia breccia in un’opinione pubblica disorientata da un referendum spiegato male; ma incline a optare per il Sì, mettendo insieme magari confusamente voglia di cambiare e stabilità. «Sento odore di brogli», insiste il vicepresidente della Camera, Luigi Di Maio, del M5S. Ormai, il tema della correttezza e della trasparenza del voto sta facendo passare in secondo piano le altre considerazioni: al punto che nella maggioranza si accusa il fronte del No di «sostituire la democrazia con i tribunali». Lo scopo è di mettere sulla difensiva Renzi e gli alleati, che negli ultimi giorni sembrano più convinti della possibilità di vincere, e ironizzano sui sondaggi. Non è detto che l’operazione riesca, ma tra voti all’estero e caso De Luca le opposizioni ritengono di avere individuato due filoni politicamente redditizi. La richiesta di far votare Sì, fatta dal presidente della Campania Vincenzo De Luca ai sindaci in cambio di finanziamenti del governo, ha lasciato il segno. Ieri la presidente dell’Antimafia, Rosy Bindi, contro la quale De Luca aveva usato parole truci, è stata sollecitata dalle opposizioni a chiedere la registrazione del discorso contestato. Ma il Pd si è opposto. E la polemica ha investito, dopo Renzi, lo stesso ministro dell’Interno, Angelino Alfano, accusato dal M5S di non prendere le distanze dal clientelismo del «governatore». Difficile dire dove finisca la giusta protesta e dove cominci o continui la campagna referendaria.