martedì 22 novembre 2016

Repubblica 22.11.16
Ma il dibattito sulla mobilitazione di sabato divide le femministe
La scelta delle donne sul corteo antiviolenza “Uomini solo in coda”
La mediazione decisa quasi all’unanimità: aprire all’altro sesso. Però sui social lo scontro continua
di Cristina Nadotti

ROMA. Le amiche telefonano per prenotare il divano di chi abita a Roma, i social si animano di post che chiamano a raccolta, perché sabato prossimo le donne vogliono essere davvero tante. Ma tra l’entusiasmo e il lavorio per la manifestazione contro la violenza di genere si affaccia l’annosa polemica sulla partecipazione degli uomini.
Corteo e assemblea nazionale del giorno successivo sono il frutto di una mobilitazione cominciata lo scorso maggio, dopo il femminicidio di Sara di Pietrantonio, la ragazza bruciata viva dall’ex fidanzato. In questi mesi di dibattiti e incontri pubblici, in cui si è discusso di come cambiare la cultura che alimenta e giustifica i femminicidi, tra le donne, come negli anni ‘60 e ‘70, quelli d’oro del movimento femminista, si è levata la voce di chi avrebbe voluto un corteo senza uomini.
Nelle sedi più istituzionali dei coordinamenti attivati soprattutto da Rete IoDecido, Donne in Rete Contro la violenza e Unione Donne in Italia, il dibattito ha portato a una mediazione: sì agli uomini, ma in coda. Alla testa del corteo, dietro allo striscione “Nonunadimeno”, ci saranno solo le donne. Dopo il camion con gli altoparlanti il resto dei manifestanti, maschi compresi. Tutto a posto, nessuna esclusione, soltanto la “giusta precedenza” alle donne dei centri antiviolenza, alle vittime di tratta e prostituzione, alle donne che combattono ogni giorno le discriminazioni. Ma sui social la polemica non si è placata e sia sui blog delle organizzazioni, sia nei post individuali, si legge ancora il disappunto di molte che avrebbero preferito un corteo senza uomini. «Nelle nostre assemblee di preparazione sono state voci sporadiche — dice Marina Montanelli di IoDecido — La polemica mi sembra sia stata prodotta e alimentata prevalentemente sui social, a volte anche in termini strumentali. L’assemblea nazionale dello scorso 8 ottobre, che ha visto la partecipazione di oltre 500 donne, si è pronunciata in maniera quasi unanime sul corteo aperto».
L’organizzazione non è stata una passeggiata, perché le donne hanno dovuto fare i conti anche con l’atmosfera infuocata della battaglia sul referendum. «Noi qui pensiamo a ciò che ci sta più a cuore — continua Montanelli — ci concentriamo sul lavoro di studio, perché non c’è solo il corteo, che sarà un punto di partenza. Stiamo avviando un processo di scrittura dal basso di un piano femminista contro la violenza sulle donne e vogliamo ci sia una partecipazione il più ampia e orizzontale possibile».
«Doveva essere un giorno in cui mostrare la forza dura e pura delle donne»; «Ma come vi viene in mente di mettere chi ha subìto violenza vicino al suo aguzzino!», si legge però ancora sui social. E dalle tante anime del movimento rispunta una parola dimenticata dopo gli anni Settanta: «Ci sono giovani che sembrano un po’ le autonome di una volta — dice una donna — Si infuriano a leggere i nomi di chi ha aderito alla manifestazione, come Susanna Camusso, perché è del sindacato, o Flavia Perina, perché la associano soltanto alla destra». Ma c’è anche chi si rallegra che il movimento non si sia spaccato e annuncia: «Avrei preferito ci fossero solo le donne, ma vogliono venire anche i miei figli. E allora comincerò alla testa del corteo con le donne e poi andrò un po’ in giro, per vederlo tutto».