Repubblica 22.11.16
La battaglia sui temi etici, così Francesco sfida i vescovi conservatori
C’è una destra all’interno della Chiesa che non tollera in nessun modo le aperture del pontefice
di Paolo Rodari
CITTÀ
DEL VATICANO «ADESSO speriamo che non si banalizzi il peccato
dell’aborto». Fatica a dire altro quella parte di Chiesa, settori
minoritari ma comunque parecchio agguerriti, che non vede di buon occhio
i tentativi di Francesco di privilegiare la grazia sulla legge, lo
spirito sulla lettera. La pubblicazione del documento Misericordia et
misera allarga il solco tra il Papa e i conservatori.
FRA «chi è
ossessionato dalla perdita degli “spazi” di influenza e chi — spiega il
filosofo Massimo Borghesi — confida in una libera testimonianza dettata
dai “tempi” di Dio». Dice ancora Borghesi: «Il processo di
ideologizzazione è qui esattamente inverso a quello degli anni ’70 del
Novecento. Allora l’ideologia della fede riguardava la sinistra
cattolica affascinata dal marxismo. Oggi il processo di congelamento
riguarda la destra “cristianista”».
C’è una “destra”, all’interno
della Chiesa cattolica, che non tollera in nessun modo le aperture di
Papa Francesco. Una “destra” conservatrice e tradizionalista che per
anni ha combattuto una sua battaglia sui temi etici. Sono diversi,
infatti, i teologi morali che hanno costruito carriere importanti sulla
difesa di una interpretazione ristretta dell’enciclica Humanae Vitae: «E
questa opposizione critica continua ancora ai nostri giorni», scrive
non a caso padre Gianfranco Grieco, in “Paolo VI. Ho visto e creduto”
(Lev), pubblicato alla vigilia della beatificazione di Montini. E,
insieme, su quello che è considerato da più parti un vero e proprio
tradimento del criterio della gerarchia delle verità che fu caro al
Concilio Vaticano II. In troppi, dice in proposito Victor Manuel
Fernadez, teologo argentino vicino al Papa, hanno dimenticato che «ci
dovrebbe essere una proporzione adeguata soprattutto nella frequenza con
la quale alcuni argomenti o accenti vengono inseriti nella
predicazione. Per esempio, se un parroco lungo l’anno liturgico parla
dieci volte di morale sessuale e soltanto due o tre volte dell’amore
fraterno o della giustizia, vi è una sproporzione. Ugualmente se parla
spesso contro il matrimonio fra omosessuali e poco della bellezza del
matrimonio ».
È quanto sembrano non comprendere i quattro
cardinali — Walter Brandmüller, Raymond L. Burke, Carlo Caffarra e
Joachim Meisner — che hanno deciso di rendere pubblica una lettera nella
quale chiedono al Papa di chiarire alcuni punti a loro dire controversi
contenuti in Amoris Laetitia su matrimonio e famiglia. Quattro emeriti
che, evidentemente, riportano pensieri dei quali sono convinti anche
altri loro confratelli, più timorosi a esporsi. Soltanto un anno fa i
quattro erano tredici. Fra loro, delle eminenze di primo piano nel
panorama ecclesiale: Thomas C. Collins di Toronto, Timothy M. Dolan di
New York, Willem J. Eijk di Utrecht, Gerhard L. Müller prefetto della
congregazione per la dottrina della fede, Wilfrid Fox Napier arcivescovo
di Durban, George Pell prefetto in Vaticano della segreteria per
l’economia, Robert Sarah prefetto della congregazione per il culto
divino e la disciplina dei sacramenti, Jorge L. Urosa Savino arcivescovo
di Caracas, Daniel Di Nardo, presidente dei vescovi americani. I
tredici sottoposero all’attenzione del Papa delle serie «preoccupazioni»
circa le procedure del Sinodo, a loro giudizio «configurate per
facilitare dei risultati predeterminati su importanti questioni
controverse». Oggi, a Sinodo concluso, quattro di loro espongono altri
dubbi arrivando, così il cardinale Burke, a sostenere che se il Papa non
risponderà «ci sarebbe il problema di compiere un atto formale di
correzione di un serio errore».
Oltre alle parole fanno
impressione certi silenzi. Anzitutto quelli dei vescovi italiani che non
riescono, in forma pubblica, a prendere le distanze dai quattro. E poi i
silenzi degli organi ufficiali della Chiesa. Anche se ieri, a onore del
vero, è stato l’Osservatore Romano a dirsi sorpreso del fatto che
«nella Chiesa non tutti capiscano il significato pastorale e missionario
delle scelte e dell’impegno» del Papa.
Oltre l’Italia è il Nord
America un terreno fertile di opposizione al Papa che più di altri ha
dato voce a quell’America Latina che non vuole essere il cortile di casa
degli Stati Uniti. Una settimana fa i vescovi americani hanno eletto i
loro vertici. Il nuovo presidente è Di Nardo, che firmò la lettera dei
tredici. Esponente di spicco dell’episcopato è Charles J. Chaput,
arcivescovo di Philadelphia e presidente, negli States, della
commissione episcopale per l’applicazione di Amoris laetitia. È stato
Chaput ad aver pubblicato, all’inizio dell’estate per la sua diocesi,
delle linee guida sula stessa Amoris laetitia più restrittive del testo
stesso, non ammettendo la comunione i divorziati risposati tranne nel
caso che vivano come fratello e sorella.