martedì 22 novembre 2016

Repubblica 22.11.16
Ma i medici obiettori restano in trincea “È solo un gesto di misericordia”
Il fronte del no in corsia: “Il Papa non ha sdoganato niente ma ha aperto le porte a chi si pente”
di Maria Novella De Luca

ROMA. Un passo in avanti. No, pura e semplice misericordia. C’è chi, come Massimo Srebot, ginecologo non obiettore, vede nelle parole di Bergoglio, «un’apertura », e chi, invece, come il professor Giuseppe Noia, ginecologo obiettore del policlinico Gemelli di Roma, parla di «pura e semplice misericordia».
In mezzo ci sono le donne, la legge 194, e le posizioni opposte sull’aborto che da 40 anni dividono i medici negli ospedali italiani. Sì, perché nonostante il grande appello di papa Francesco ad assolvere le donne che abortiscono(e si sono pentite) e i ginecologi che quella maternità hanno interrotto, le parole del Papa sembrano incidere poco sulle scelte degli uni e degli altri. Dice Noia: «In 25 anni di carriera ho curato 150mila donne e fatto 6mila parti, e ho seguito decine di pazienti arrivate da me in depressione dopo aver deciso un aborto. Ecco, il Papa non ha in alcun modo sdoganato l’interruzione volontaria di gravidanza, che è comunque la soppressione di una vita, ma ha voluto allargare le braccia anche verso chi ha peccato e oggi soffre».
Semplice misericordia dunque? Per Massimo Srebot, direttore di ostetricia e ginecologia della Asl5 di Pisa, il discorso di Bergoglio è invece un «ponte per il dialogo». «Ritengo legittimo che una donna possa dire no ad una gravidanza, e debba essere sostenuta nella sua scelta. E in questa Chiesa che apre le porte a chi ha fatto un aborto, e ai medici non obiettori, vedo un invito a superare gli steccati ». Perché si può restare della propria idea ma lavorare insieme, dice Srebot, che dirige un reparto «di obiettori e non obiettori, ma le donne che abortiscono hanno comunque il rispetto di tutti». Emanuela Lulli, ginecologa obiettrice a Pesaro, sposta il discorso sui «bimbi non nati». «È un messaggio che apre alla riconciliazione. Conosco molte donne che dopo aver abortito non riescono a perdonarsi, pensano per anni al bambino che non hanno messo al mondo, perché la vita inizia dal concepimento, e le madri lo sanno. Sentire che possono pentirsi è di grande conforto. Io ritengo la 194 una legge sbagliata, ma credo che ci debba essere una rete di servizi che sostiene la donna, e l’aiuta a scegliere di diventare madre».
C’è però anche una valenza sociale nel discorso di Papa Francesco, sottolinea Alberto Gambino, presidente di Scienza e Vita. «Bergoglio conosce le periferie del mondo, sa bene che in molti contesti, pensiamo alla prostituzione, l’aborto è una costrizione, una violenza che si somma a violenza. E allora cosa deve fare la Chiesa? Perdonare, anche se il peccato resta così grave che si deve attivare immediatamente un percorso di riconciliazione con Dio».
Ad ascoltare Laura, però, ginecologa in un affollato reparto di interruzione volontaria di gravidanza di Napoli, le parole «pur misericordiose di Francesco non cambiano il dolore delle donne». «Ma non è il dolore di chi pensa al peccato, chi sceglie l’interruzione volontaria di gravidanza francamente sa quello che fa. È invece la sofferenza di dover abortire in reparti che sono catene di montaggio: noi lavoriamo in condizioni disumane, non abbiamo il tempo materiale di parlare con le pazienti, sostenerle, avviarle alla contraccezione. Arrivano da sole, se ne vanno da sole, tante sono straniere, tante non riusciamo ad accettarle e chissà dove finiscono... Credo che qui dentro Dio sia l’ultimo dei pensieri».
Bruno Mozzanega, professore aggregato di ginecologia all’università di Padova, è un obiettore di coscienza “moderato”. «Le parole del Papa hanno riacceso i riflettori sulla tragedia dell’aborto, fin troppo banalizzato in questi anni, e non soltanto perché è un peccato grave, ma perché segna per sempre la vita della donna che vi si sottopone. Si deve fare informazione, parlare dei contraccettivi, aiutare la maternità, creare le condizioni per fare dei figli. Invece cosa fa lo Stato? Liberalizza i farmaci abortivi e scarica sulle donne la responsabilità della scelta se tenere o sopprimere una vita. Lasciandole così sempre più sole».