Repubblica 20.11.16
Etruria, la Consob contro l’ex Cda “Sapevano di vendere titoli-truffa”
di Fabio Tonacci
ROMA.
I vecchi consiglieri di amministrazione di Banca Etruria non possono
più dire che non sapevano. Non possono più negare di aver avuto un ruolo
decisivo nella scelta di vendere nel 2013 le famigerate obbligazioni
subordinate ai piccoli risparmiatori, alle pensionate, agli operai. Dopo
l’allarme dalla Banca d’Italia sulla solidità dell’istituto, infatti,
il cda di Etruria si riunì ben quattro volte per discutere
dell’emissione di quei titoli, e nessuno dei consiglieri ritenne
doveroso alzarne la categoria del rischio da “medio” ad “alto”. Col
risultato che migliaia di famiglie li hanno acquistati, ritrovandosi con
niente in mano quando è entrato in vigore il decreto Salvabanche.
Ad
accusare per la prima volta i vertici è la Consob che, va detto, è
anche la stessa autorità di garanzia che autorizzò il prospetto
informativo allegato alle subordinate Etruria. Finora i magistrati di
Arezzo, ricostruendo la catena gerarchica della presunta truffa, sono
arrivati a un livello intermedio: i direttori di filiale e due
funzionari di una direzione centrale interna. La Consob, invece, chiama
in causa il livello massimo, con una lettera inviata a 35 ex vertici con
cui gli notifica l’avvio del procedimento sanzionatorio. Ci sono tutti i
nomi che dal 2012 fino al commissariamento di un anno e mezzo fa hanno
guidato l’Etruria: i presidenti Giuseppe Fornasari e Lorenzo Rosi; i
vice Alfredo Berni e Pier Luigi Boschi, padre della ministra delle
Riforme; i due direttori generali Luca Bronchi e Daniele Cabiati; il
collegio dei sindaci. Ognuno potrebbe essere costretto a pagare una
multa (fino a 250.000 euro) per aver ignorato gli appelli contenuti
nelle due missive del governatore di Bankitalia Ig-Visco del 27 luglio
2012 e del 3 dicembre 2013.
«Gli organi di vertice di Etruria
hanno negligentemente omesso di sollecitare le strutture tecniche
deputate alla revisione della mappatura dei propri titoli a un
tempestivo intervento a tutela degli investitori », scrive la Consob
nella sua lettera, lunga 25 pagine. In quattro occasioni il Cda di
Etruria si riunì per parlare proprio della vendita di subordinate per
160 milioni di euro, che doveva pompare liquidità nelle casse
dell’istituto disastrato. Considerata la tempesta in cui navigava
l’Etruria, i suoi amministratori avrebbero dovuto alzare il profilo del
rischio di quel prodotto da “medio” ad “alto”, invece non fecero
niente,“abdicando ai doveri di correttezza e diligenza nei confronti
della clientela». Se avessero aggiornato il parametro in tempo, calcola
la Consob, si sarebbero salvati 34 milioni di euro di risparmi dei
clienti, perché 895 operazioni di sottoscrizione non si sarebbero potute
fare. Quel doveroso aggiornamento fu deliberato dagli ex amministratori
di Banca Etruria soltanto nel dicembre 2014. Quando ormai il danno era
fatto.