Repubblica 2.11.16
Il ritorno di Mithra il dio rimosso dalla storia
È la militanza che spaventa? La sua somiglianza con Cristo?
Antico
come i Veda, diffuso in tutto il mondo dai soldati romani, poi
scomparso Mentre in Italia gli studi si sono interrotti, all’estero si
cerca di capire perché
di Silvia Ronchey
Àgnostos
theòs, il dio ignoto, il dio sconosciuto. O forse misconosciuto,
nascosto, rimosso. Ogni epoca ne ha uno. Il suo volto si cela perché
troppo prossimo a un altro, che lo eclissa e lo oscura, come l’altra
faccia, non colpita dal sole, di un’erma bifronte. Finché la luce,
lentamente, non gira. Quando ad Atene scoprì l’ara del Dio Ignoto, san
Paolo disse: «Quello che adorate senza conoscerlo, io ve lo annuncio »
(Atti 17, 23). Rendeva omaggio alla lungimiranza degli ellèni, che
avevano presentito il nuovo dio di cui portava il verbo; o forse
all’insondabilità del divino, appunto al dio in ombra che cela il suo
volto dietro quello del dio maggiore su cui un’epoca dirige il suo
sguardo frontale.
Se è vero, come Hillman insegna e già Jung
scrive, che gli dèi, oltreché archetipi, sono sintomi, individuare il
dio ignoto di un’epoca è salutare per l’anima del mondo. È ciò che il
mondo rimuove, prima di ciò che contempla, a definire i contorni
sommersi del suo inconscio. Se oggi esiste un dio misconosciuto ai
molti, questo è Mithra. Nel revival della storia delle religioni, nel
proliferare di libri sui culti orientali o sul paganesimo grecoromano,
da anni l’editoria italiana trascura il dio emerso dalla profonda Persia
mazdèa, che a sua volta lo importava dall’India vedica. L’ultimo saggio
pubblicato in Italia, che chiarisce genesi e rapporti, è Il culto di
Mitra di Julien Ries, uscito da Jaca Book ormai tre anni e mezzo fa,
mentre non sono stati ancora tradotti capisaldi come quelli di Franz
Cumont. Ora però alcune uscite imminenti nel mondo anglosassone e
germanico (R. Beck — O. Panagiotidou, The Roman Mithras Cult, Bloomsbury
Academic; AA.VV., Images of Mithra, Oxford University Press; AA.VV.,
Entangled Worlds: Religious Confluences between East and West in the
Roman Empire, Mohr Siebeck) spezzano il riserbo del mondo cattolico sul
culto che gli studiosi tra fine Ottocento e metà Novecento hanno
indicato come il più prossimo a quello di Cristo nonché, per almeno due
secoli, il suo più diretto rivale. Come ha scritto Ernest Renan, «se il
cristianesimo fosse stato fermato nel suo sviluppo da qualche malattia
mortale, il mondo sarebbe diventato mitraico». A lungo, tra i debiti del
mistero cristiano verso i culti pagani, quello nei confronti di Mithra è
stato considerato il più sorprendente. Le coincidenze sono
innumerevoli. Il Natale di Mitra è celebrato il 25 dicembre, al
solstizio d’inverno, come si addice a un dio della luce. Il dio nasce in
una grotta ed è adorato dai pastori. Per questo sono detti in latino
spelaea, “grotte”, i mitrèi che ancora oggi traforano il sottosuolo
delle città romane, coi loro due banchi per i fedeli lungo i lati
maggiori, l’altare per il sacro banchetto, gli affreschi catechetici e
la grande lastra marmorea coi rilievi misterici, in cui il giovane dio
dal mantello svolazzante trapunto di sette stelle uccide con la spada il
toro cosmico: è la tauroctonia, che come all’inizio dei tempi si riavrà
alla loro fine, quando nell’ora del Secondo Avvento il sangue del toro
nuovamente ucciso, mescolato a vino, verrà dato da bere ai giusti e
donerà loro vita eterna.
Queste “speranze d’oltretomba”, come le
chiamava Cumont, erano il segreto della forza del mitraismo, che
prometteva non solo la sopravvivenza dell’anima, ma la resurrezione
della carne. Non solo il Primo Giudizio, cui Mithra presiedeva al
momento della morte del singolo, poteva farne accogliere l’anima, se
meritevole, in paradiso, o altrimenti respingerla alle torture
dell’inferno; ma il Giudizio Finale avrebbe risuscitato i morti dalle
tombe e tutti avrebbero ripreso le loro sembianze e si sarebbero
riconosciuti gli uni con gli altri.
Ma il più importante nucleo
del mitraismo in occidente, importato nell’impero romano dalle legioni
che i cesari mandavano a combattere e morire sul limes orientale, era
l’idea di militia. Nessun culto pagano precedente la esibiva, anche
perché nessuno quanto Mithra era stato il dio dei soldati e degli
eserciti. L’iniziato mitraico al terzo grado di ascesa astrale era miles
(qualifica tecnica, dopo corvo e crisalide e prima di leone). Il
mitraismo esaltava la condizione interiore di militanza, la
sacralizzava, e d’altra parte assimilava esteriormente l’esercizio della
religione al servizio militare: il nome di sacramentum non era diverso
da quello del “giuramento” che come le reclute dell’esercito gli
iniziati dovevano prestare per combattere, nel nome del dio invincibile
le potenze del male. Proviene secondo alcuni dal mitraismo, o in ogni
caso vi si sovrappone, quell’ostinato concetto di militia Christi, che
compare fin dalle epistole di Paolo o da quelle di Clemente, e che non
ci aspetteremmo in una religione basata su una predicazione di pace come
quella del Vangelo. In principio il cristiano è miles Christi: lo è
costantemente il martire, o “testimone”, nella fase originaria e
antiautoritaria del cristianesimo, studiata ed esaltata dalla prima
letteratura protestante sui più antichi Acta martyrum, ossia sugli
“atti” dei processi intentati dallo Stato romano contro i cristiani. Il
cristianesimo “rivoluzionario” dei primi secoli promuoveva una “lotta
armata”, pur incruenta, allo Stato, contrapponendo la militanza
religiosa (per dio) alla militanza laica (per l’imperatore) e rifiutando
la seconda.
È forse la militanza religiosa il vero oggetto della
nostra rimozione? Lo spettro di una bellicosità che vogliamo considerare
esclusiva di altre fedi? È forse il timore e nello stesso tempo la
tentazione di un’idea di fede militarizzata a farci temere di riscoprire
Mithra, e con lui una radice del cristianesimo? Il fatto è che gli
studiosi sono incerti: potrebbe ben essere stato il mitraismo ad avere
assorbito elementi ideologici dei primi cristiani, e ad averli peraltro
disinnescati. Se la militanza del cristianesimo primitivo era eversiva e
antistatale, la militanza mitraica era invece lealista all’imperatore.
Cosicché il culto di Mithra potrebbe essere stato incoraggiato proprio
come risposta alla militia protocristiana. Che rientra infatti nel III
secolo, quando la penetrazione della nuova religione tra le élite è
ormai compiuta e l’apologetica, a partire da Tertulliano, sigla il
grande compromesso tra cristianesimo e Stato romano. Ed ecco che anche
il mitraismo, nella sua accezione originaria, sfuma nel culto orientale
del Sol Invictus, assunto a religione ufficiale dagli imperatori:
Diocleziano consacra il proprio carisma deo Soli Invicto Mithrae fautori
imperii sui. Nel IV secolo, nonostante Costantino, il mitraismo
continuerà ad affiancare il cristianesimo quasi come culto gemello, e
ancora sotto Giuliano e poi nell’Alessandria del V secolo, capitale
delle filosofie, della gnosi e dei sincretismi, le campane di Mithra
continueranno a chiamare a raccolta i fedeli insieme a quelle delle
chiese cristiane. Ma da questo momento in poi, dall’affermarsi, con i
decreti teodosiani, del cristianesimo come religione di stato,
l’iniziazione mitraica resterà ancora più sotterranea.
Le rovine
dei mitrei, coi loro scheletri incatenati, rivelano la violenza della
damnatio di Mithra nel mondo occidentale, ma la sua liturgia rimarrà
viva, se pure clandestina, lungo il Medioevo orientale. Tutta la
teologia della salvezza, nel mitraismo, è legata a una sapienza
zodiacale e a una dottrina dell’ascesa dell’anima che si fonde con
quella del neoplatonismo, in particolare nella sua versione romana,
attraverso cui i misteri mitraici entrano nel bagaglio esoterico delle
accademie platoniche e di qui si trasmettono, via Bisanzio, ai segreti
del Rinascimento. Il revival del mitraismo nelle corti europee
influenzerà tra Otto e Novecento la letteratura oltre che gli studi
religiosi, dove troverà negli eruditi ecclesiastici, come Alfred Loisy, i
suoi grandi divulgatori. Oggi, in un’epoca di nuove guerre, in cui si è
estinta la militanza ideologica per le fedi di redenzione terrena,
forse il volto del dio rimosso non ha ancora ritrovato la sua luce
diretta, la sua immagine frontale, la sua versione concordata fra gli
studiosi. Ma la figura di un miles sacralizzato, iniziatico, in lotta
non per un’idea, come nella militanza politica del Novecento, ma contro
le forze di un male sempre più astratto e demoniaco, è esaltata dal
cinema, dai cartoni, dai fumetti. Mithra rivive nei supereroi dualisti
acquerellati nelle cupe tinte di un postmoderno e grafico crepuscolo
mazdèo. Come le vestigia dei mitrei nel sottosuolo di Roma o di Ostia, i
residui della più antica e diffusa Religione della Militanza si
incidono sguainando le loro armi, volando coi loro mantelli, nel
tenebroso underground della cultura pop.