il manifesto 2.11.16
Quei miliardi degli F35 per ricostruire Norcia
di Tommaso Di Francesco
Dall’epicentro
Italia si irradia una condizione di concreta e profonda instabilità
materiale, subito fisica e sensoriale prima ancora che di prospettiva
sull’incerto futuro per decine di migliaia di persone costrette alla
fuga, alle quali è letteralmente cascato il mondo e cascata la terra. E
non è un girotondo. Il clima di incertezza è la costante e l’inverno è
arrivato nelle aree del terremoto.
Ci si chiede che fare di fronte
a tanta disperazione. E come, da parte nostra, essere all’altezza di
una tale crisi. Così, mentre apprezziamo che ci sia «unità»
istituzionale iniziata con la dichiarazione della presidenza del
consiglio che “l’unico possibilità è non dividersi ma rispondere insieme
alla sfida”, tuttavia rimaniamo quantomeno contraddetti dalle
iniziative fin qui annunciate. Senza dimenticare che siamo nel clima del
referendum il cui voto si approssima, per un plebiscito che – mentre si
chiede il concorso di tutti – divide e spacca il paese e soprattutto
prepara una «democrazia di nominati», mentre la tragedia del sisma
proprio in queste ore mostra invece la necessità di poteri reali, voluti
e controllati direttamente dai cittadini; com’è per il ruolo dei
sindaci, unica, ancora, vera esperienza di democrazia in Italia.
Il
consiglio dei ministri annuncia nuove spese per l’emergenza, dopo avere
evocato, solo a parole, il progetto di Casa Italia, annunciato due mesi
fa dopo il terremoto di Amatrice.
Resterà anche questo, è bene
saperlo, promessa e lettera morta nonostante ormai rappresenti la vera
necessità del Paese ferito che non vuole perdere lavoro e identità
culturale. Perché nasce sotto la cattiva filosofia dell’emergenza, della
difesa del nostro territorio volta a volta, sotto i riflettori delle
tv. Mentre la questione del sisma è strutturale, come dimostra la storia
italiana. Dove, ogni volta, c’è «bisogno» di un terremoto perché si
metta mano ad un piano che difenda l’assetto storico abitativo del
Belpaese. Siamo forse costretti a parlare d’ora in poi di utilità del
terremoto? Soprattutto, Casa Italia resterà lettera morta se non si
avvia revisione mirata e progettuale della spesa finanziaria.
Nel
senso che, di fronte alla necessità di Casa Italia, che pretende brigate
di ingegneri, battaglioni di geologi e vulcanologi, un esercito di
geometri e un’armata di operai, edili e metallurgici, specializzati,
mentre subito servono tende e casette, alloggiamenti sulla costa,
macchine movimentazione terra, schiere di vigili del fuoco, presidi di
medici e assistenti sanitari, ci chiediamo perché questo paese debba
avere in finanziaria il costo di 15 miliardi per l’acquisto di 90
cacciabombardieri F-35.
Qualcuno, a cominciare dal governo Renzi
per favore ci risponda. E non con le chiacchiere che la spesa sarebbe
“spalmata per molti anni”. La necessità non è il cacciabombardiere ma il
soccorso e l’aiuto, l’assistenza e la ricostruzione.
L’esempio
del costo degli F-35 non sembri capzioso. Il paragone invece viene
proprio da paesi distrutti dal sisma: la nuvola di polvere e fumo che si
è sollevata dai centri precipitati al momento delle scosse è stata più
volte paragonata a quella di un bombardamento. Solo che il sisma è un
evento naturale che, certo, è difficile prevedere ma si può e si deve
fare prevenzione per salvare vite umane; la guerra invece è un
«terremoto» ma voluto e prodotto dagli uomini.
L’unica vera difesa
dell’Italia è questa, non l’offesa della guerra in territori altrui,
come da nostra Costituzione. E ora perché il conflitto con l’Unione
europea non sembri una moina per apparire antagonisti in occasione del
referendum, cominciamo a modificare i contenuti e la filosofia della
finanziaria d’austerità: via il fiscal compact messo nella Costituzione,
via ogni vincolo di bilancio.
E via la spesa di 15 miliardi per i
cacciabombardieri F-35 a fronte di tre miliardi – solo sulla carta –
destinati alla ricostruzione e ai terremotati. Se casca il mondo e casca
la terra, tutti giù per terra. Ce lo chiede la disperazione
dell’epicentro Italia.