giovedì 17 novembre 2016

Repubblica 17.11.16
E Primo Levi da testimone si fece scrittore
In una nuova edizione le opere dell’autore di “Se questo è un uomo”
La rilettura, curata da Marco Belpoliti, sottolinea come la letteratura emerga dall’abisso in cui è precipitato l’umano
di Andrea Bajani

Quando, nel 1976, in occasione dell’uscita dell’edizione scolastica di “Se questo è un uomo”, Primo Levi scrisse un’appendice pensata per rispondere alle domande dei ragazzi, qualcosa cambiò irrimediabilmente. Per la prima volta, cioè, mise più o meno consapevolmente in crisi lo statuto della testimonianza e lasciò che il suo libro entrasse nella letteratura. Che cosa ne è della testimonianza, fu costretto a chiedersi, quando chi legge nasce in un quadro di riferimento completamente mutato, in cui il passato, anche il più tremendo, è una fiction a cui si crede solo per un atto di fiducia? Qual è la verità che, scrivendo, si consegna? A che punto l’uomo di cui Levi parlava ai suoi lettori si sarebbe sganciato dalla contingenza, da quello
sproposito epocale? L’appendice si apriva con queste parole: «Qualcuno, molto tempo fa, ha scritto che anche i miei libri, come gli esseri umani, hanno un loro destino, imprevedibile, diverso da quello che per loro si desiderava e si attendeva ». Era l’inizio di un congedo: la consapevolezza che le sue opere avrebbero avuto lettori futuri a cui non avrebbe potuto rimboccare gli occhi e la memoria con la sua presenza. Fece gli ultimi passi di quella staffetta e passò il testimone, perché a testimoniare la sopravvivenza o meno delle parole e di un mondo sarebbero stati altri.
È per questo, in definitiva, che esiste il corpus delle opere: perché parli in altro modo rispetto al corpo di chi gli ha dato vita, e lo ridefinisca. Ciò che fanno ora le Opere complete di Levi che, a distanza di quasi vent’anni dall’edizione del 1997, Einaudi ripubblica nella cura imprescindibile di Marco Belpoliti e con modifiche di sostanza in un impianto rimasto complessivamente intatto. Belpoliti — che all’autore di La tregua ha dedicato lo scorso anno il monumentale Primo Levi di fronte e di profilo
(Guanda) — consegna un’edizione per certi versi popolare: «Il destinatario ideale delle Opere complete non è tanto lo studioso o lo specialista, bensì il lettore che vuole accostarsi all’intera opera dello scrittore torinese e cercare di capirne il movimento interno, le forme e i criteri di lavoro, senza doversi perdere in un apparato di annotazioni e varianti ». Che pure ci sono, essendo le note ai singoli libri per la maggior parte scritte
ex novo. Levi scrisse l’Appendice per gli studenti e poi decise di accluderla all’edizione per così dire regolamentare, poiché, scrisse, «le domande rivolte dai lettori studenti […] coincidono ampiamente con le domande che ricevo dai lettori adulti». Questa edizione è perfettamente in linea con quello spirito, con però anche aggiunte significative, tra cui la prima edizione di Se questo è un uomo, (quella pubblicata presso l’editore De Silva nel 1947), le versioni radiofoniche dei primi due libri di Primo Levi, la tesi e la sottotesi di laurea del Levi-chimico. Non ultima, una focalizzazione speciale, da parte di Belpoliti, su Il sistema periodico come libro snodo, pietra miliare di quel mestiere di scienziato che contribuì a salvare la vita di Levi nel lager e che si saldò in alcuni libri alla scrittura testimoniale, generando, in quella fusione, lo “scrittore di professione” che Levi accettò di essere dopo la pubblicazione di La chiave a stella.
È con questa edizione, mi sembra, che la prima incrinatura del Levi testimone che egli stesso produsse approntando delle edizioni per i giovani lettori del futuro, si fa completa. A vent’anni dalla sua morte, quella prima pelle resta definitivamente sul sentiero e Primo Levi entra nella letteratura. Lo annota Belpoliti stesso nella sua Avvertenza: «Dopo essere stato considerato un grande testimone […] ora Levi è uno scrittore a tutto tondo, cosa che vent’anni fa, nel 1997, nel momento dell’uscita della prima edizione di queste Opere, non era così certa e assodata”. Questo non dipende, però, paradossalmente dalla “completezza” dell’opera. Non dipende cioè dal fatto cioè che, di queste quasi 3500 pagine, la testimonianza rappresenti soltanto un’esigua porzione, e che abbiano diritto di cittadinanza anche i libri nei quali Levi ha percorso altre strade. Al contrario. A guardare tutti i cerchi che i suoi libri hanno prodotto cadendo come un sasso dentro lo stagno della Storia, si resta sbalorditi da come siano le onde di tre di essi — Se questo è un uomo, La tregua e I sommersi e i salvati — a increspare ancora il mare in cui oggi navighiamo. Il testimone si è ritirato ed è rimasto lo scrittore, ma non è lo sconcerto storico a turbarci. È l’abisso dell’umano che quelle parole ci rovesciano negli occhi e che Primo Levi ha estratto dalla Storia. È da quella estrazione, precisamente, che nasce la letteratura. Ed è in virtù di quella, che nascono e svettano tre cime della letteratura e del pensiero del Novecento. Nonostante il Lager, si potrebbe dire, ma inesorabilmente attraverso di esso. Perché è lì che l’umano e la sua dissoluzione si manifestano in una forma, che l’incandescenza forgia un’opera mai vista prima. È arrivato forse il momento di avere questo coraggio di lasciare da parte il testimone per lo scrittore pur tornando nel suo stesso “campo”, come dice Belpoliti, su quel terreno scandaloso da cui si è ingenerata un’opera d’arte così cruciale. Daniele Del Giudice, che introduceva l’edizione del 1997, e che è leggibile anche in questa, scriveva: «Levi estrae la sua narrazione da una radice di necessità indiscutibile, la più profonda e cruciale e antica che possa sorreggere l’atto stesso del racconto: narrare il non conosciuto, l’incognito, ciò che per volontà altrui avrebbe dovuto restare nascosto». È quello il punto estremo fino a cui Levi scrittore si è spinto. Là dove l’uomo smette di essere tale e torna l’animale, là dove anche la sofferenza più atroce impedisce di volere la morte come requie: «Il suicidio è dell’uomo e non dell’animale, è cioè un atto meditato, una scelta non istintiva, non naturale; ed in Lager c’erano poche occasioni di scegliere, si viveva appunto come gli animali asserviti, che a volte si lasciano morire, ma non si uccidono».
IL LIBRO Primo Levi, Opere complete ( a cura di Marco Belpoliti, 2 voll., pagg.
CIV- 3392 euro 160)