La Stampa 17.11.16
Primo Levi
Il chimico scettico che distilla il Male
Da Einaudi una nuova edizione, sempre curata da Belpoliti con l’aggiunta di testi, documenti e pagine inedite
di Ernesto Ferrero
Quanti
fraintendimenti e semplificazioni hanno accompagnato la ricezione delle
opere di Primo Levi. Il prossimo 11 aprile cadranno i trent’anni della
sua scomparsa, eppure non è mai stato così vivo e presente in tutto il
mondo, a partire dagli Stati Uniti, dove la benemerita edizione delle
Opere complete uscita da Norton Liveright in tre volumi ne propizierà
ulteriormente la diffusione. A lungo è rimasto prigioniero del cliché
riduttivo del testimone, come se le cose che aveva raccontato fossero
più importanti del come le aveva raccontate, come se Se questo è un uomo
non fosse in primo luogo un capolavoro letterario (se ne erano accorti
sin dalla prima uscita del 1947 Antonicelli, Calvino, Cajumi e Cases).
Pesava su di lui l’autoadesivo del chimico che scrive la domenica, come
se la chimica fosse una disabilità lieve ma evidente, uno strabismo, una
zoppìa, e non invece un arricchimento di strumenti conoscitivi. Aveva
ben ragione lo stesso Primo quando spiegava con la sua infinita pazienza
(quanta ne ha dovuto spendere con tutti, a partire dal suo stesso
editore) che la chimica è una buona metafora della scrittura. Compie le
stesse operazioni, distinguere, pesare, filtrare; predispone allo
scrivere chiaro, esatto e conciso.
Un mondo a parte
Ma è
anche vero che la leggenda del libro composto di getto sotto l’urgenza
del rendere testimonianza l’aveva accreditata lui stesso, come
confesserà nel 1985 a Germaine Greer. Per modestia e understatement,
perché si sentiva estraneo alla malevola corporazione degli scrittori di
professione, per non confessare a se stesso che ancora prima di partire
per Auschwitz aveva coltivato sogni di scrittura e scritto poesie e
racconti, lui che al D’Azeglio era stato rimandato a ottobre in
italiano, anche se aveva assimilato gli ottimi insegnamenti della scuola
di Gentile. Era uno scrittore, quello che era partito da Fossoli nel
vagone piombato, nutrito di mentalità e letture scientifiche, un
antropologo, un linguista, un etologo in piena allerta intellettuale.
L’umanità non poteva mandare miglior inviato nel cuore della macchina
dello sterminio, nei tragici misteri dell’uomo.
Resistenza ebraica
Dopo
che nel 1963 La tregua aveva dato misura del suo talento di
affabulatore, Levi ha continuato a fornire prove delle sue qualità di
scrittore poliedrico con la consueta, forse eccessiva discrezione: i
racconti «fantabiologici» (come li chiamava Calvino), favole morali che
si interrogavano su un uso distorto della tecnologia assai simile a
quello del Lager; l’autobiografico Sistema periodico, romanzo in forma
di racconti; La chiave a stella, gustosa riproposta della felicità del
lavoro manuale, quasi scandalosa nel 1978 ideologizzato; il
romanzo-romanzo Se non ora quando?, epopea di resistenza ebraica; le
poesie, accorati microracconti del disincanto; gli incantevoli racconti e
gli elzeviri pubblicati su questo giornale, e sottesi dal più amabile
degli enciclopedismi; sino a quel capolavoro antropologico che è I
sommersi e i salvati, che introduce la fondamentale categoria della
«zona grigia». Un libro che lo Stato dovrebbe consegnare ad ogni
cittadino al conseguimento della maggiore età, perché parla di noi oggi.
Con
gli anni si è finalmente capito che Levi è un continente più vasto e
sorprendente di quanto andavano rivelando gli stessi copiosi lavori
critici in corso: l’edizione delle Opere complete curata da Marco
Belpoliti per Einaudi nel 1997 con un saggio introduttivo di Daniele Del
Giudice che metteva il lettore sulla strada giusta; il numero
monografico della rivista Riga (Marcos y Marcos, 1997); l’intenso lavoro
avviato a partire dal 2008 dal Centro Studi Primo Levi di Torino,
esemplarmente diretto da Fabio Levi; le otto «Lezioni Primo Levi»
promosse sino ad oggi dal Centro; il gran volume in cui Belpoliti ha
raccolto le sue ricerche (Levi di fronte e di profilo, Guanda 2015); ed
ora i due primi tomi di una nuova edizione delle Opere complete, che
escono da Einaudi sempre curati da Belpoliti. Vi si possono trovare la
prima edizione di Se questo è un uomo, la sua versione teatrale e
l’adattamento radiofonico, le note informative redatte dallo stesso Levi
per le edizioni scolastiche, la tesi e la sottotesi di laurea, testi di
argomento tecnico, l’antologia personale La ricerca delle radici, venti
nuovi testi di pagine sparse e ritrovate. Inoltre le note ai testi si
arricchiscono sensibilmente degli studi intrapresi negli ultimi
vent’anni e del confronto con i dattiloscritti disponibili (vol. I, pp.
LXXXVIII-1536, vol II pp. XVI-1854, €160).
Il terzo volume
In
attesa del terzo e conclusivo volume, dedicato alle conversazioni e
alle interviste, il lettore ha così a disposizione un corpus imponente,
che facilita nuove esplorazioni ed aumenta ancora il numero delle facce
del poliedro Primo Levi, molto più imprevedibile dell’immagine
«buonista» che ce ne siamo fatta. Spietato con se stesso e con gli
inganni della memoria, bastian contrario che non teme di navigare
controcorrente, maestro di ossimori, affascinato e angosciato dalle
asimmetrie che sembrano governare il cosmo, studioso di vortici e di
fenomeni estremi, non offre conclusioni tranquillizzanti e catartiche,
ma semmai vuole tenerci svegli, allarmati, dubitosi, reattivi. Auschwitz
è sempre, se è stata può ancora essere, e difatti è stata ed è. Siamo
noi, i presunti «normali», i potenziali abitanti della città del Male.