Repubblica 16.11.16
Club Soros, i milionari per la resistenza a Donald
Il filantropo raduna i finanzieri liberal. il miliardario “verde” Steyer: “contro Trump spenderò tutto il necessario”
di Alberto Flores D’Arcais
NEW
YORK. Una riunione a porte chiuse, un “club dei milionari” progressisti
che si interroga sulla sconfitta più cocente e su come affrontare la
guerra (politica) a Donald Trump. Dietro le quinte a muovere le pedine è
George Soros, finanziere, miliardario, filantropo e irriducibile
liberal. È lui, con la sua Democracy Alliance (fondata nel 2004 nel
tentativo, fallito, di strappare con John Kerry la Casa Bianca a George
W. Bush) che in fretta e furia ha organizzato la “tre giorni” di
Washington, chiamando a raccolta — nel lussuoso hotel Mandarin Oriental —
i grandi finanzieri di area democratica per decidere strategia, tattica
(e soprattutto finanziamenti) della resistenza al nuovo presidente Usa.
Tra questi, il miliardario e attivista per l’ambiente Tom Steyer (che
ha profuso 140 milioni di dollari contro il cambiamento climatico), che
ha detto di essere pronto a spendere tutto ciò che ci vorrà per
combattere l’agenda di Trump. Il programma del presidente eletto è «un
attacco terrificante alla nostra visione di un paese più giusto», dicono
a Democracy Alliance e il presidente Gara LaMarche è netto: «Non si
perde un’elezione che si doveva vincere senza commettere errori pesanti
nella strategia e nella tattica».
Loro mettono i soldi, la testa
pensante deve essere politica. In questo momento, con un vertice del
partito annichilito dal fallimento elettorale della poderosa “Clinton
Machine” e le manifestazioni di piazza, nessuno meglio di Elizabeth
Warren, donna, senatrice e beniamina dei giovani della sinistra radicale
appare come la persona più adatta a guidare la riscossa. Mentre Sanders
è in giro a presentare il suo ultimo libro, è lei che illustra alla
platea i perché di una «sconfitta impossibile », è lei che spiega come e
perché un paio di compromessi del passato — quello sulla riforma
sanitaria di Obama e quello sullo stimolo all’economia — hanno
contribuito alla vittoria di The Donald. Se ci fosse stata una maggiore e
più massiccia espansione della copertura sanitaria e interventi statali
più robusti, questa la tesi della Warren, molti elettori democratici
non avrebbero scelto Trump al posto di Hillary.
Sarà lei, insieme
al “club dei milionari”, a valutare su chi l’ala liberal del partito
deve puntare per riconquistare la Casa Bianca già nel 2020. Compito che
potrebbe essere affidato a Keith Ellison (in corsa per la presidenza del
partito), oppure a Kamala Harris, eletta trionfalmente al Senato per la
California. Tutti e due cinquantenni, tutti e due amati (lei più di
lui) dai militanti radicali e da chi ha votato (in odio a Hillary) per
altri candidati.