Repubblica 16.11.16
La lezione di Trump alla sinistra europea
di Marc Lazar
DOPO
la Brexit, Donald Trump. E in prospettiva, il referendum del 4 dicembre
in Italia. L’esito di questo voto, quale che sia, rischia di provocare
una rottura irrimediabile in seno al Pd.
Lo stesso giorno, in
Austria, il candidato del partito di estrema destra Fpö potrebbe essere
eletto presidente della Repubblica. In Olanda, nel marzo 2017 i
populisti del Partito per la Libertà di Geert Wilders peseranno sulle
elezioni legislative. E a primavera in Francia la sinistra rischia di
non arrivare al secondo turno delle presidenziali, che si giocherebbe
allora tra il candidato della destra e Marine Le Pen. Infine, in
Germania l’Spd guarda con apprensione al voto dell’autunno 2017.
La
sinistra è sotto shock. Dopo la crisi del periodo tra le due guerre,
quando rischiò di essere annientata non solo dal fascismo e dal nazismo
ma anche dalle lacerazioni fratricide tra comunisti e socialisti, oggi
affronta una nuova sfida: l’ascesa dei vari populismi, di destra, di
sinistra, o anche né di destra né di sinistra, regionalisti,
nazionalisti o generati da imprenditori straricchi, come nel caso di
Silvio Berlusconi in Italia, e ora in quello di Donald Trump negli Stati
Uniti. Populismi che peraltro non scuotono solo la sinistra, ma anche
la destra, sia pure in misura minore. Prima di vincere le presidenziali,
Trump aveva battuto i suoi rivali alle primarie e stravolto il partito
repubblicano. In Francia Marine Le Pen sottrae voti alla sinistra, e al
tempo stesso attira sulle sue tematiche, ma anche sulla sua persona,
gran parte della destra. In Italia il Movimento 5 Stelle ha sparigliato
il gioco politico captando voti a sinistra e a destra, e riportando una
parte degli astensionisti alle urne.
Di fatto, tutte le grandi
famiglie politiche di destra, di sinistra e di centro che hanno dominato
la competizione politica in Europa e guidato i governi sono
destabilizzate. Non solo: i populisti riescono a imporre la loro
percezione della realtà. Pretendono di incarnare il popolo unito e
portatore di verità contro un’élite che descrivono come omogenea,
corrotta, sclerotizzata e malefica. E non pochi osservatori danno
credito a tali argomenti, spiegando ad esempio che Trump ha vinto perché
il popolo ha voluto punire le élite; ma dimenticano che una maggioranza
di americani, ancorché risicata, ha votato per Hillary Clinton. Nel
contesto attuale non possiamo accontentarci di spiegazioni
semplicistiche, che riportano tutto a un’unica causa. Se i populismi
avanzano ovunque in Europa, è per l’azione congiunta di vari fattori,
diversamente articolati a seconda dei Paesi: la globalizzazione senza
regole, le disuguaglianze crescenti, una democrazia senza popolo e
un’Europa senz’anima né progetto.
Queste le sfide che la sinistra è
chiamata ad affrontare. Di concerto con altre forze, dovrà inventare
procedure per imporre regole alla globalizzazione, rifiutando al tempo
stesso il protezionismo che sta riemergendo ovunque. E operare per il
ritorno della crescita, nel rispetto dell’ambiente, creando posti di
lavoro e riducendo la disoccupazione che distrugge i rapporti sociali,
condanna alla precarietà intere fasce di popolazione, inasprisce le
disuguaglianze sociali, di genere, territoriali, generazionali,
culturali (tra laureati e chi non ha un titolo di studio), nonché tra
cittadini di un Paese e immigrati. La sinistra ha dimenticato intere
categorie della popolazione — dagli operai ai ceti medi, ai giovani a
basso livello di istruzione o in via di declassamento, che si sentono
umiliati, abbandonati, e spesso non riescono a comprendere le sue
politiche in favore delle minoranze, le sue riforme libertarie. D’altra
parte la sinistra è vittima di una profonda diffidenza nei riguardi
delle istituzioni, a livello sia nazionale che europeo, in particolare
da parte delle fasce di popolazione meno abbienti a basso livello di
istruzione, che guardano alla politica e alle élite dirigenti con
disaffezione o addirittura disgusto; e dunque non può più accontentarsi
di rivendicare la propria esperienza e responsabilità, né di puntare
tutto sulla politica pubblica. Dovrà rilegittimare la politica. Perché
esiste nella società una profonda aspirazione a una politica diversa,
più trasparente, più aperta, più partecipativa. Ciò presuppone una
profonda riconversione dei suoi dirigenti, del suo modo di fare
politica, del suo rapporto coi cittadini e delle sue forme
organizzative.
Infine, l’Europa è scossa dalla spinta degli
egoismi, dalla tentazione del ripiegamento, dall’ascesa del razzismo e
della xenofobia, da timori e angosce d’ogni genere, a cominciare dalla
paura dello straniero. Questo impone alla sinistra di rilanciare il
progetto europeo, e di condurre una coraggiosa battaglia culturale,
evitando gli atteggiamenti moralistici e sprezzanti verso chi si sente
abbandonato e non sapendo a che santo votarsi presta orecchio agli
argomenti più demagogici.
La sinistra del XIX e del XX secolo è
acqua passata. Costretta, ancora una volta, ad adattarsi alla realtà per
non essere spazzata via, dovrà certamente affrontare terribili
lacerazioni interne, e portare avanti una grande opera di ricomposizione
politica. In quest’impresa gravida di incognite, dovrà però essere
guidata da due valori cardinali: l’uguaglianza, ripensata nelle
condizioni attuali, e — per riprendere la parole di Carlo Rosselli — la
libertà per i più umili.
Traduzione di Elisabetta Horvat