Repubblica 13.11.16
L’intervento
Addolorato, ma non sorpreso
di Bernie Sanders
MILIONI
di americani martedì scorso hanno espresso un voto di protesta,
ribellandosi a un sistema economico e sociale che antepone ai loro
interessi quelli dei ricchi e delle grandi imprese.
HO dato forte
appoggio alla campagna elettorale di Hillary Clinton, convinto che fosse
giusto votare per lei. Ma Donald J. Trump ha conquistato la Casa Bianca
perché la sua campagna ha saputo parlare a una rabbia molto concreta e
giustificata, quella di tanti elettori tradizionalmente democratici.
L’esito
elettorale mi addolora, ma non mi sorprende. Non mi sconvolge il fatto
che milioni di persone abbiano votato Trump perché sono nauseate e
stanche dello status quo economico, politico e mediatico.
Le
famiglie lavoratrici vedono che i politici si fanno finanziare le
campagne da miliardari e dai grandi interessi per poi ignorare i bisogni
della gente comune. Da trent’anni a questa parte troppi americani sono
stati traditi dai vertici delle aziende. L’orario di lavoro è aumentato e
gli stipendi diminuiti, i lavori pagati dignitosamente si spostano in
Cina o in Messico. Queste persone sono stufe di avere capi che
guadagnano 300 volte più di loro, e che il 52 per cento di tutti i nuovi
proventi vada all’un percento della popolazione. Molte delle città
rurali, un tempo belle, sono ormai spopolate, i negozi in centro chiusi e
i giovani vanno via da casa perché non c’è lavoro — tutto questo mentre
tutta la ricchezza delle comunità va a rimpinzare i conti delle grandi
imprese nei paradisi fiscali. I lavoratori americani non possono
permettersi servizi per l’infanzia decorosi e di buon livello. Troppe
famiglie sono in condizioni disperate e sempre più spesso la vita si
accorcia per colpa della droga, dell’alcol e dei suicidi.
Trump ha
ragione: gli americani vogliono il cambiamento. Ma mi chiedo che tipo
di cambiamento gli offrirà. Avrà il coraggio di opporsi ai potenti di
questo paese, i responsabili delle difficoltà economiche patite da tante
famiglie o dirotterà invece la rabbia della maggioranza sulle
minoranze, sugli immigrati, i poveri e gli indifesi? Avrà il coraggio di
opporsi a Wall Street, di adoperarsi per sciogliere le istituzioni
finanziarie “troppo grandi per fallire” e imporre alle grandi banche di
investire nella piccola impresa e creare posti di lavoro?
Sarò
aperto a riflettere sulle idee proposte da Trump e su come si possa
lavorare assieme. Però, siccome il voto popolare nazionale lo ha visto
sconfitto, farà bene a dare ascolto alle opinioni dei progressisti.
Ricostruiamo le nostre infrastrutture fatiscenti e creiamo milioni di
posti di lavoro ben pagati. Portiamo il salario minimo a un livello
dignitoso, aiutiamo gli studenti a sostenere i costi dell’università,
garantiamo il congedo parentale e per malattia e incrementiamo la
sicurezza sociale. Riformiamo il sistema economico che permette a
miliardari come Trump di non pagare un centesimo di tasse federali. E
non permettiamo più che i ricchi finanziatori delle campagne elettorali
comprino le elezioni.
Nei prossimi giorni proporrò anche una serie
di riforme per ridare slancio al Partito Democratico. Sono
profondamente convinto che il partito debba liberarsi dai vincoli che lo
legano all’establishment e torni a essere un partito di base della
gente che lavora, degli anziani e dei poveri. Dobbiamo aprire le porte
del partito all’idealismo e all’energia dei giovani e di tutti gli
americani che lottano per la giustizia economica, sociale, razziale e
ambientale. Dobbiamo avere il coraggio di sfidare l’avidità e il potere
di Wall Street, delle case farmaceutiche, delle compagnie assicurative e
dell’industria dei combustibili fossili.
Allo stop della mia
campagna elettorale ho promesso ai miei sostenitori che la rivoluzione
politica sarebbe andata avanti. E questo è più che mai il momento
giusto. Siamo la nazione più ricca della storia del mondo. Se restiamo
uniti senza permettere che la demagogia ci divida per razza, genere o
origine nazionale, non c’è nulla che non possiamo realizzare. Dobbiamo
andare avanti, non tornare indietro.
Bernie Sanders, senatore del
Vermont, è stato candidato alle primarie democratiche delle elezioni
presidenziali americane di quest’anno insieme a Hillary Clinton
Traduzione di Emilia Benghi © 2016 The New York Times Company