venerdì 11 novembre 2016

Repubblica 11.11.16
Il politologo David B. Cohen analizza le ragioni della sconfitta di Hillary
“È il grido di disperazione del maschio bianco. Ma il futuro è segnato”
La convivenza di etnie e culture, così come la globalizzazione economica, sono strade senza ritorno
intervista di Francesca De Benedetti

«UN grido disperato, un misto di rabbia e di rimpianto, l’ultimo rantolo dell’uomo bianco». Ecco il fattore X che ha consegnato nelle mani di Donald Trump le chiavi della Casa Bianca. Almeno così crede David B. Cohen, politologo dell’università di Akron, nell’Ohio dei lavori perduti finito anch’esso in mano repubblicana. Chi crede che la nostalgia sia una categoria dell’anima si ricreda, dice lui: questa è la politica oggi, in Usa come in Europa. Il futuro, però, ci riserva tutt’altro.
Perché la vittoria di Trump è figlia di rancore e rimpianti?
«The Donald ha conquistato una chiara maggioranza fra i maschi bianchi non laureati. In questo gruppo prevalgono gli arrabbiati e i preoccupati».
Preoccupati per cosa?
«La nostra società è sempre più multiculturale, le minoranze etniche - afroamericani, latinos crescono con molta più rapidità dei bianchi. Questa diversità li spaventa. Poi c’è la globalizzazione, che ha stremato la classe media e ha reso disoccupati molti operai. Le due cose si intrecciano: il bianco si convince che siano neri o latinos a portargli via il lavoro. Vuol tornare a un’“America grande” che non tornerà più».
Anche con Romney candidato, il “maschio bianco” votò repubblicano. Ma vinse Obama.
«Stavolta non solo Trump ha tenuto in pugno i bianchi arrabbiati, ma Clinton ha avuto risultati sotto le aspettative tra le minoranze. Le dirò di più: il fatto che gli americani abbiano convissuto con un presidente afroamericano, cioè Obama, ha alimentato l’astio di una fetta di società».
Dai Tea Party alle milizie, fino a Trump presidente: questo “grido dell’uomo bianco” è di una violenza inedita?
«Sì, la rabbia è montata, la political correctness è stata calpestata, Trump ha cavalcato queste tendenze usando un linguaggio violento e riportando alla ribalta gruppi come il Ku Klux Klan. Risultato? Abbiamo eletto il primo presidente nella storia statunitense moderna ad aver attaccato così apertamente le minoranze. Ora si rischiano spaccature e conflitti gravi».
Brexit e l’ascesa dei partiti xenofobi suggeriscono che l’eco di quell’ultimo grido sia arrivata anche in Europa. È così?
«Sì, chiaro. Le tendenze di voto sono molto simili: basti vedere chi ha votato per Leave, e chi per Trump. Il maschio bianco, perlopiù anziano, che ha paura di globalizzazione e migrazioni, sceglie Exit e The Donald».
Lei parla del rimpianto del maschio bianco, ma dice anche che questo suo grido è l’ultimo. Perché quel mondo non tornerà più?
«La compresenza di etnie e culture, così come la globalizzazione economica, sono strade senza ritorno. Anzi, si affermeranno sempre più. Ma i più giovani sono avvezzi a tutto questo, e non rimpiangeranno le fabbriche perché immagineranno lavori diversi. Basta con il rancore: arriverà un altro futuro, e sarà giovane».