venerdì 11 novembre 2016

La Stampa 11.11.16
Effetto Donald, Renzi in ansia va alla guerra contro la “casta”
Timori sulla tenuta dei gruppi Pd se vince il no. Il premier chiama il neo presidente
di Carlo Bertini

E ora nel «giglio magico», che vive le ansie da assedio di una ridotta circondata dai nemici, scatta la paura che se vince il No alle urne, Renzi potrebbe perdere il controllo dei gruppi parlamentari. Non è un fattore secondario, ma il perno di ogni ragionamento che il premier fa sul dopo in caso di sconfitta. Perché un conto è gestire le partite congresso, governo e voto anticipato contando sulla fedeltà delle truppe, altro sarebbe la diserzione strisciante di molti parlamentari che scompiglierebbe i giochi e lascerebbe Renzi debole nella gestione delle varie partite di prima grandezza. Insomma il controllo delle truppe sarà determinante per capire che tipo di alleanze muovere ai fini congressuali, come gestire le liste e la nuova legge elettorale. Ma sarà determinante anche nella decisione del premier su un eventuale reincarico in caso di sconfitta. «Molti - spiega un dirigente dem - potrebbero avere interesse a legarlo a palazzo Chigi per farne un’anatra zoppa. Ma se perdesse il manico dei 400 deputati e senatori, può essere un’opzione pure quella di restare invece a palazzo Chigi per gestire meglio le partite 2017». La preoccupazione di Renzi cresce col passare dei giorni. Nella trincea del Senato, c’è chi ricorda di aver visto, dopo le amministrative, non solo le riunioni di corrente rispolverate dai ministri Franceschini e Orlando, ma anche tante perplessità affiorare improvvisamente nelle cucine dei gruppi. Si spiegano meglio le telefonate fatte da Renzi per far valorizzare nella campagna elettorale figure come Franceschini, Delrio e Richetti, un mondo di ex Dc con antenne molto vigili sugli umori dei gruppi parlamentari.
Malgrado tutti questi interrogativi che turbano il sonno, Matteo Renzi però non si dà per vinto, anche dopo il crollo del mondo di riferimento degli Obama-Clinton e il successo del tycoon. Ieri intanto prima telefonata con Trump, durante la quale il capo del governo «ha ribadito l’importanza dell’alleanza con gli Stati Uniti - informano da palazzo Chigi - e la volontà di lavorare insieme» in vista del G7 in Italia nel 2017.
Il premier italiano fa di tutto per mostrarsi tonico, «possiamo farcela», va dicendo a tutti i pessimisti che gli si parano davanti sconfortati dai sondaggi nel suo tour de force di cento città. Il fattore Trump ha rafforzato la strategia di comunicazione di schiacciare il No sulla conservazione, per provare a declinare il Sì sul cambiamento. I renziani si consolano enumerando i tantissimi «mi piace» al post del Comitato «Il cambiamento vota Sì, la casta vota No», con le foto in sequenza di D’Alema, De Mita e via dicendo. Uno slogan volto a drenare consensi in casa grillina. Declinato dal premier in queste ore, «il Sì è contro la Casta, votare No è tradire la vostra storia».
Così come un messaggio rivolto ai berlusconiani e a tutti i critici è la possibilità di ritoccare la riforma a urne chiuse: solo se vincerà il Sì. Renzi è convinto che, malgrado il vento populista, dall’Italia possa venire un responso che dia un segnale di stabilità. «Ma è più che altro un auspicio», ammettono i suoi.