Pagina 99 12.11.2016
Lo
scrittore Bunnag
«Perdere
il padre fa sentire fragili»
«Stiamo
entrando nell’ignoto. La voce della moderazione ora è in silenzio.
Nero è il colore dei tempi», è la prima riflessione dello
scrittore thai Tew Bunnag dopo la morte del suo sovrano. «Il defunto
re della Thailandia è stato prima di tutto una figura paterna. Ma
che cos’è una figura paterna? Fondamentalmente riguarda la
sicurezza. Il padre si prenderà cura di noi, mantenendo unita la
famiglia. Farà in modo che tutto vada bene». Bunnag è uno
scrittore che nella vita e nei suoi romanzi (pubblicati in Italia da
Metropoli d’Asia) si muove tra le contaminazioni e le
contraddizioni che intrecciano le trame della Thailandia. «Dipende
da come le vivi, dal valore che dai a ciò che hai. Da come sei
connesso col resto del mondo, dalla coscienza della sofferenza».
Nasce in una delle più nobili e importanti famiglie thai. Parte
della sua infanzia la trascorre a palazzo reale. Poi va alla scoperta
del mondo. Passa dalla swinging London anni ’60 al misticismo
allucinato di Katmandu. Trasferisce queste esperienze in una
Thailandia che negli anni ’70 era la tessera centrale nel domino
della guerra in Indocina e sfugge al destino di molti contestatori
solo grazie al suo status familiare. Col tempo, in un percorso che
passa dalla meditazione all’assistenza negli slum di Bangkok, da
ribelle si reincarna in difensore della tradizione. «Con l’età
l’anarchia può trasformarsi in elitarismo», confessa. Con quel
termine Bunnag si riferisce all’insieme di valori ripresi dalla
figura del “Por Luang”, il padre reale: «Semplicità e frugalità
in un’epoca di dilagante consumismo. Non che la maggior parte dei
suoi sudditi sia vissuta secondo quei principi guida, ma almeno ce
n’era coscienza». Secondo Bunnag si spiegano così le
manifestazioni estreme del lutto. «Riflettono un profondo senso di
perdita: di sicurezza ma anche di senso morale. Con il padre
scomparso, vi è ora una sensazione generale di fragilità: tutto può
accadere».