lunedì 14 novembre 2016


Pagina 99 12.11.2016
Lo scrittore Bunnag
«Perdere il padre fa sentire fragili»

«Stiamo entrando nell’ignoto. La voce della moderazione ora è in silenzio. Nero è il colore dei tempi», è la prima riflessione dello scrittore thai Tew Bunnag dopo la morte del suo sovrano. «Il defunto re della Thailandia è stato prima di tutto una figura paterna. Ma che cos’è una figura paterna? Fondamentalmente riguarda la sicurezza. Il padre si prenderà cura di noi, mantenendo unita la famiglia. Farà in modo che tutto vada bene». Bunnag è uno scrittore che nella vita e nei suoi romanzi (pubblicati in Italia da Metropoli d’Asia) si muove tra le contaminazioni e le contraddizioni che intrecciano le trame della Thailandia. «Dipende da come le vivi, dal valore che dai a ciò che hai. Da come sei connesso col resto del mondo, dalla coscienza della sofferenza». Nasce in una delle più nobili e importanti famiglie thai. Parte della sua infanzia la trascorre a palazzo reale. Poi va alla scoperta del mondo. Passa dalla swinging London anni ’60 al misticismo allucinato di Katmandu. Trasferisce queste esperienze in una Thailandia che negli anni ’70 era la tessera centrale nel domino della guerra in Indocina e sfugge al destino di molti contestatori solo grazie al suo status familiare. Col tempo, in un percorso che passa dalla meditazione all’assistenza negli slum di Bangkok, da ribelle si reincarna in difensore della tradizione. «Con l’età l’anarchia può trasformarsi in elitarismo», confessa. Con quel termine Bunnag si riferisce all’insieme di valori ripresi dalla figura del “Por Luang”, il padre reale: «Semplicità e frugalità in un’epoca di dilagante consumismo. Non che la maggior parte dei suoi sudditi sia vissuta secondo quei principi guida, ma almeno ce n’era coscienza». Secondo Bunnag si spiegano così le manifestazioni estreme del lutto. «Riflettono un profondo senso di perdita: di sicurezza ma anche di senso morale. Con il padre scomparso, vi è ora una sensazione generale di fragilità: tutto può accadere».