La Stampa 9.11.16
Il flop del bonus Irpef da 80 euro
L’Istat: “Per metà va ai benestanti”
“Troppe le spese sociali non sottoposte a verifica”
di Luigi Grassia
I
 dubbi sull’equità e sull’efficacia del famoso bonus di 80 euro vengono 
rafforzati da un rapporto dell’Istat. Dice l’Istituto che la spesa 
sostenuta dallo Stato per quell’iniziativa «va per metà a lavoratori che
 vivono in famiglie con redditi medi e medio-alti», mentre «solo un 
terzo è destinato ai più poveri». L’Istat lo sostiene in base a «stime 
di micro-simulazione» davanti ai senatori della commissione Lavoro, dove
 è in discussione il disegno di legge sulla povertà che mira anche al 
riordino delle prestazioni sociali.Eppure in Italia «i due terzi delle 
risorse destinate alla famiglia e all’infanzia sono rappresentati dal 
cosiddetto bonus Irpef da 80 euro», ha osservato il presidente 
dell’Istat, Giorgio Alleva.
Parlando più in generale, l’Istat 
sottolinea che «con una certa frequenza» una singola persona (meritevole
 o non) beneficia di «un cumulo di più prestazioni». È così per «quasi 
un milione di italiani» fra chi riceve assegni sociali, di invalidità e 
altri sussidi. Questo può indicare che le risorse oltre che poche sono 
mal distribuite.
L’Italia, rispetto ad altri Paesi europei «spende
 sistematicamente meno per la protezione dei deboli». Anche per questo, 
all’Istat tocca constatare quanto numerose siano le famiglie in 
condizione di povertà assoluta, in particolare quelle con a carico 
minorenni. Nel 2015 il numero dei bambini e ragazzi sotto la soglia 
minima di reddito è raddoppiato rispetto a quattro anni prima: sono più 
di un milione.
Invece il presidente dell’Istat Giorgio Alleva 
conferma un «quadro più roseo» per le «famiglie di anziani». «Il 44% 
degli individui» che fruiscono delle principali prestazioni 
assistenziali è costituito proprio da persone anziane. D’altra parte le 
risorse che vanno ai vecchi non beneficiano soltanto loro: spesso i 
nonni aiutano figli e nipoti e quindi c’è un flusso di risorse fra 
generazioni. «Più vulnerabili» sono invece le famiglie di stranieri.
Un
 fatto da biasimare è che «non solo l’Italia è molto lontana» dagli 
altri Paesi dell’Unione europea per le risorse pubbliche destinate ad 
abbattere la povertà, ma si distingue anche per una quota più alta di 
spesa sociale non sottoposta alla verifica dei mezzi». Cosa lamentata 
anche dall’Unione nazionale consumatori, che chiede di «commisurare i 
bonus al reddito Isee». Per riferire alcune cifre precise, nel documento
 consegnato dall’Istituto nazionale di statistica si legge che nel 2015 
erano 618 mila le famiglie con minori, «con un’incidenza di povertà 
assoluta pari al 9,3%». Sono «1 milione 131 mila i minori coinvolti, 
quasi l’11% di quelli residenti in Italia. Il numero di minori poveri 
assoluti risulta oltre il doppio rispetto a quello stimato nel 2011 (523
 mila, il 5% del totale) e triplo rispetto a quello del 2008 (375 mila, 
il 3,7%)», con una incidenza fra i minori stranieri di «oltre sei volte»
 rispetto a quelli italiani.
L’Istat rileva che nonostante 
l’assegno per il nucleo familiare dei Comuni che interessa oltre 234 
mila beneficiari, «il 18,3% delle famiglie di questa tipologia (143 
mila) continua ad essere in povertà assoluta, per un totale di quasi 183
 mila minori».