La Stampa 9.11.16
La rottamazione di Equitalia aiuta l’evasione
di Emanuele Felice
La
 polemica fra Roma e Bruxelles ha tanto di demagogico. C’era da 
aspettarselo, in questa lunga campagna elettorale. Ma a ben vedere 
qualche decimale di punto sul Pil non è, non può essere, il nocciolo del
 problema. Oltre a interventi per i migranti e per mettere in sicurezza 
il territorio, la finanziaria contiene molto altro. E andrebbe valutata 
nella sua complessità, in base a un obiettivo essenziale: che cosa viene
 fatto per rilanciare la crescita, per migliorare i fondamentali della 
nostra economia. Tenuto conto che le spese non sono tutte uguali.
Questo
 è il punto: nel merito la manovra prevede alcune misure molto positive,
 altre preoccupanti. Correggere queste ultime sarebbe il modo migliore 
sia per rispondere alla Commissione, disinnescando l’ennesima e inutile 
polemica, sia, soprattutto, per venire incontro alle esigenze del Paese.
Il
 corposo pacchetto pensioni è una mera scelta redistributiva, 
condivisibile o meno ma probabilmente neutra ai fini della crescita. 
Certamente positivo è il taglio delle tasse sulle società (dal 27,5% al 
24%) e per gli artigiani e commercianti che decidono di reinvestire gli 
utili nelle loro aziende: l’alta tassazione sui fattori produttivi, ma 
anche il nanismo delle imprese, sono tare storiche dell’Italia, che 
questi provvedimenti dovrebbero alleviare. Va invece in una direzione 
opposta la rottamazione di Equitalia, rottamazione che per l’intanto 
comporterà un corposo alleggerimento della pressione su chi le tasse in 
passato non le ha pagate ed esita a redimersi. Si tratta evidentemente 
di un pessimo segnale: qual è l’incentivo a mettersi in regola, se 
praticamente non scattano penali? Tecnicamente non è un condono, ma per 
gli incentivi dati al sistema, cioè nella sostanza, gli si avvicina 
molto.
Potremmo aggiungere che l’oscillazione fra misure 
populistiche, di breve respiro, e altre davvero incisive sembra ormai 
una cifra del governo Renzi: ricordiamo quando, un anno fa, invece di 
ridurre il carico fiscale sui fattori produttivi il premier scelse di 
alleggerirlo sul versante della rendita (dove peraltro non era elevato),
 con una misura di sicuro effetto quale l’abolizione dell’Imu sulla 
prima casa. Per quest’anno, non resta che osservare che le due misure 
insieme - riduzione delle tasse per chi le paga e alleggerimento delle 
sanzioni per chi non le paga - lungi dal rafforzarsi a vicenda sono 
invece contraddittorie: giacché ridurre le tasse è meritorio solo se, 
contestualmente, queste vengono fatte pagare a tutti; mentre se si dà 
l’idea che, nel contempo, le tasse si possono evadere senza gravi 
conseguenze, allora siamo al rompete le righe generale e questo - 
davvero - richiama alla memoria i tratti peggiori della politica del 
passato.
Visti i caratteri della manovra, si può comprendere 
meglio anche la polemica con l’Europa. Il governo ha ragione su alcuni 
aspetti di merito: le spese per la messa in sicurezza del territorio, 
l’errore di voler continuare con una politica di bilancio ostinatamente 
restrittiva. Sennonché ha torto su un punto sostanziale. Una cosa è 
chiedere all’Europa di poter fare investimenti, o di ridurre la 
tassazione su chi produce reddito, o di realizzare opere indispensabili 
per la nostra sicurezza. Altra, ben altra, cercare di allentare la 
disciplina fiscale, di cui l’Italia ha ancora tanto bisogno. La 
rottamazione di Equitalia, per come è stata concepita, comporta 
esattamente questo: l’evasione probabilmente tornerà a salire e le 
nostre finanze peggioreranno in modo strutturale.
Di tutto ciò si 
parla poco, nel divampare delle polemiche, eppure qui è il nodo di 
fondo. Ed è qui che si trovano anche le soluzioni all’attuale impasse. 
Su Equitalia gli interessi di mora superano il 4%: anziché eliminarli 
del tutto, come previsto, si potrebbero ad esempio dimezzare, portandoli
 al 2%. Una tale modifica verrebbe incontro nella sostanza alle 
richieste della Commissione, migliorando i saldi del bilancio pubblico, 
nel presente (di poco) ma soprattutto nel futuro. Giacché manterrebbe i 
necessari incentivi per rendere il nostro sistema più produttivo, e più 
giusto.