La Stampa 8.11.16
“L’Italia smetta di attaccare l’Ue. Non dà risultati”
Juncker: “Europa sotto accusa per l’austerità? Me ne frego”
di Marco Bresolin
Finora
 Bruxelles aveva incassato in silenzio gli attacchi arrivati da Roma, ma
 da ieri Jean-Claude Juncker ha deciso di cambiare strategia. Il 
presidente dell’esecutivo Ue ha detto che l’Italia deve smetterla di 
«attaccare la Commissione». Prima di tutto perché «ha torto» e poi 
perché questo atteggiamento «non produrrà i risultati previsti». 
L’oggetto del contendere sono i numeri della manovra, in queste 
settimane sotto la lente della Commissione. E il rischio è che questo 
clima non ne favorisca l’approvazione il 16 novembre.
L’uscita di 
ieri conferma che la distanza tra le parti resta significativa. Per la 
prima volta Juncker ha quantificato in una dichiarazione ufficiale 
l’ammontare del divario: l’Italia chiede una flessibilità pari allo 0,4%
 del Pil per le spese di sisma e migranti, ma il capo della Commissione 
sostiene che «i costi aggiuntivi delle politiche dedicate alle 
migrazioni e al terremoto in Italia sono lo 0,1% del Pil». Matteo Renzi 
invece non si scosta di un millimetro: «Noi non guardiamo in faccia a 
nessuno. Non c’è possibilità di bloccarci: noi quei soldi li mettiamo 
fuori dal Patto di Stabilità, vogliano o meno i funzionari di 
Bruxelles».
Juncker rinfaccia all’Italia che «nel 2016 ha potuto 
spendere 19 miliardi in più» grazie alla sua interpretazione del Patto 
di Stabilità «nel senso della flessibilità». E respinge al mittente le 
accuse, che arrivano da più parti, di aver mantenuto le politiche di 
austerità dei suoi predecessori: «Non bisogna dirlo, e se lo si vuole 
dire lo si può fare, ma in realtà me ne frego». Un’espressione, 
quest’ultima, usata come inciso, che però ha subito scatenato polemiche.
 «Me ne frego? Va bene discutere, ma certi limiti non andrebbero 
oltrepassati da nessuno» si è inserito via Twitter il ministro degli 
Esteri Gentiloni.
A gettare acqua sul fuoco ha provato il 
commissario Pierre Moscovici, impegnato nella trattativa con il ministro
 Padoan. «Lasciamo che questa tensione scenda - ha detto a margine 
dell’Eurogruppo -. Juncker non sta aggredendo l’Italia, ma la ascolta». E
 a sua volta l’Italia «dovrebbe ascoltare le regole». Perché, ha ammesso
 Moscovici, «resta ancora del lavoro da fare» per colmare la distanza. 
Domani la Commissione renderà note le sue previsioni economiche e per 
l’Italia potrebbero arrivare notizie poco confortanti. Bruxelles ritiene
 che le stime di crescita di Roma siano troppo ottimistiche (1% per il 
2017): se dovesse rivedere quella cifra al ribasso, il valore del 
deficit potrebbe salire. Non a caso ieri Juncker si è lasciato scappare 
che l’Italia avrà un deficit nominale «del 2,4%»: nella bozza di 
bilancio era previsto un 2,3%.
Resta da capire la ragione che ha 
spinto Juncker ad attaccare in questo modo l’Italia. Secondo fonti del 
Tesoro, ottimiste sulla trattativa, i destinatari del messaggio sono i 
Paesi «rigoristi», per rassicurarli che «non c’è complicità tra 
Commissione e Italia». Secondo diverse fonti europee, invece, è il 
segnale che la pazienza di Juncker è al limite e che la tregua 
pre-referendum vacilla.
 
