La Stampa 8.11.16
Ore 16 e 34, la rivolta delle donne
Da
Parigi flash mob e proteste per chiedere l’uguaglianza salariale in
tutta Europa Una lavoratrice impiega in media 38,2 giorni in più per
avere la paga degli uomini
di Leonardo Martinelli
Le
donne, ovviamente, continueranno a lavorare anche dopo quel limite
temporale, «ma a titolo benevolo», afferma con ironia Rebecca Amsellem,
docente universitaria di appena 28 anni. L’ora x è scoccata ieri
pomeriggio, alle 16 e 34 e 7,5 secondi: «A quel momento gli uomini hanno
già guadagnato una cifra che alla donna serve un anno intero per
ottenere», continua la Amsellem, animatrice di un collettivo di
femministe francesi, le «Glorieuses».
L’organismo, sulla base di
una differenza media di stipendio fra i due sessi di più del 15%, ha
calcolato che le donne francesi lavorano 38,2 giorni in più dei maschi
per arrivare allo stesso salario. In tante ieri invocavano uno
«sciopero» a partire di quell’ora, «ma in realtà – precisa la Amsellem –
non abbiamo chiesto alle donne di abbandonare il posto di lavoro, non
sarebbe possibile. Ma sì, di appropriarsi di questo numero per
discuterne: per mobilizzarsi». Una sorta di flash mob sui posti di
lavoro, tutte in piedi, ferme, per denunciare le differenze.Nel
pomeriggio in tante si sono riunite a dibattere nella piazza della
République, ombelico della Francia repubblicana. Ma la mobilizzazione è
avvenuta soprattutto su Internet, con un hashtag (7novembre16H34), che
ieri su Twitter ha spopolato. Le francesi sono le prime in Europa a
recuperare un’idea nata in Islanda: lì, lo scorso 24 ottobre, si è
tenuta una manifestazione per le strade di Reykjavík, per chiedere
l’eguaglianza salariale uomo-donna.
La cifra presa in
considerazione da Glorieuses del 15,5% è il divario registrato in
Francia da un’inchiesta di Eurostat, contro una media europea del 16,7%.
Si tratta in realtà di un’elaborazione di dati del 2010 e che non
prendono in considerazione il livello di studi, quello di
responsabilità, né l’anzianità sul mercato del lavoro: è giusto la
differenza tra il salario orario lordo di uomini e donne nel loro
insieme. L’Insee, l’equivalente francese dell’Istat, ha realizzato un
sondaggio con dati del 2013 sulla base di alcuni parametri (età,
categoria socio-professionale e differenziando part-time e tempo pieno):
in questo modo la differenza è scesa a una media del 9,9%. Ma resta
ancora molto elevata.
Ritorniamo a Eurostat: l’Italia in quel caso
si posiziona molto bene (con appena il 7,4% di divario: solo Slovenia e
soprattutto Romania fanno meglio di noi). Ma, proprio a provare che
quella statistica non è affidabilissima, lo scorso maggio un rapporto di
Glassdoor Economic Research, realizzato su dati 2015 in 18 Paesi (tutti
europei, tranne gli Usa), ha apportato nuovi elementi di
considerazione, non proprio lusinghieri per l’Itaia. Innanzitutto il
tasso di occupazione: il nostro Paese presenta in assoluto la differenza
più grande tra uomini e donne (18 punti percentuali: rispettivamente il
65 e il 45%), mentre la Finlandia è la prima della classe, seguita da
Svezia e Norvegia. In terra finnica siamo al 68% per le donne contro il
70% degli uomini. Glassdoor ha preso in esame anche la percentuale di
donne sul totale dei manager. Ebbene, qui l’Italia è terzultima: fa
meglio solo dell’Olanda (la peggiore) e della Danimarca. Il terzetto
oscilla intorno al 27%.
In testa, invece, si ritrovano Svezia,
Norvegia, Regno Unito e Portogallo, con quote vicino al 40%. Da noi va
molto meglio per la presenza delle donne nei board delle imprese, grazie
alle legge 120/2011 che ha imposto, dall’agosto 2012, una quota di
genere nei consigli d’amministrazione delle società quotate in Borsa: la
prova che niente avviene per caso. Su questo parametro nell’inchiesta
di Glassdoor l’Italia si posiziona ormai nella fascia medio-alta
(intorno al 26%, con Danimarca, Regno Unito e Germania). Sì, ma ancora
lontano dalla Norvegia, che legiferò nel lontano 2003. E oggi rasenta il
40%.