il manifesto 8.11.16
«Ankara farà esplodere la guerra civile con i kurdi»
Turchia.
 Intervista al giornalista turco Zeynalov: «I conflitti in Siria e Iraq 
servono ad allungare lo stato di emergenza necessario a reprimere le 
opposizioni». Un altro deputato Hdp arrestato, convocati gli 
ambasciatori europei
di Chiara Cruciati
Le porte 
delle celle turche continuano ad aprirsi: ieri è stato arrestato un 
altro parlamentare dell’Hdp, il Partito Democratico dei Popoli, fazione 
di sinistra pro-kurda decapitata da un’ondata di arresti senza 
precedenti. È stato preso ieri ad Hakkari Nihat Akdagon, uno dei tre 
deputati che mancavano alla lista nera di Ankara. Non cessano nemmeno le
 proteste, violentemente attaccate dalla polizia: ieri è toccato ad una 
manifestazione indetta da organizzazioni di donne, aggredite con 
proiettili di gomma a Istanbul.
All’autoritarismo governativo, 
l’Hdp ha risposto domenica annunciando la sospensione delle attività 
parlamentari, interne all’assemblea e nelle commissioni. Quasi una 
secessione dell’Aventino, se ci è permesso il paragone, a cui reagisce 
il premier Yildirim: dopo aver arrestato 12 deputati Hdp, minaccia di 
accusare di tradimento gli altri 46 se non si presenteranno in 
parlamento. Ma li accusa anche di finanziare il terrorismo, pur 
volendoli seduti sugli scranni parlamentari: domenica ha parlato di 
trasferimento di denaro dai comuni guidati dall’Hdp al Pkk.
Una 
guerra senza quartiere, che arriva all’Europa: ieri il governo ha 
convocato gli ambasciatori dei paesi della Ue per le condanna espresse 
dopo gli arresti. Ne abbiamo parlato con il giornalista turco di origine
 azera Mahir Zeynalov, editorialista di Al Arabiya e commentatore per 
Cnn e Bbc, deportato dal paese nel febbraio 2014.
Cosa ci si deve aspettare dalla nuova ondata repressiva?
Con
 la crescente repressione contro media e politici kurdi, il governo 
turco li sta portando al limite: aprirà ad una battaglia interna tra 
kurdi e esercito, una guerra civile che potrebbe allargarsi 
ulteriormente. Sono le azioni di Ankara a rendere concreto un simile 
scenario.
L’obiettivo è distruggere la sola opposizione al 
presidenzialismo. Ma l’attacco va letto anche come parte di una 
strategia più ampia che coinvolge Siria e Iraq?
Erdogan non 
tollera chiunque metta in dubbio la sua autorità mentre è alla caccia di
 pieni poteri presidenziali. Lo stato di emergenza è lo strumento 
perfetto per la sua campagna di eliminazione delle opposizioni. Per 
questo, ha bisogno del caos. Le guerre in Siria e Iraq, come quella nel 
sud-est turco, sono buone ragioni per ampliare lo stato di emergenza. 
Provocando un’escalation dei conflitti nei due paesi vicini e inviandoci
 l’esercito, Erdogan prova a convincere l’opinione pubblica che il 
governo sta affrontando nemici sia all’interno che all’esterno. E questo
 gli permetterà di ampliare lo stato di emergenza e reprimere ogni 
dissidente.
Quali settori della società sostengono Erdogan?
Gode
 di un ampio e fedele sostegno dalla base della società turca, per lo 
più conservatrice e nazionalista. Non manca un numero significativo di 
kurdi conservatori che, come in ogni autocrazia, sperano in affari 
lucrosi o posti di lavoro.
La guerra all’Hdp può essere vista 
anche come uno scontro tra visioni socio-economiche? Neoliberismo contro
 un’idea più egualitaria di società?
Non sono certo che sia causa 
di frizione. Ci sono gruppi che non si sono piegati a Erdogan e i kurdi 
sono uno di questi. Li vuole punire, è semplice.
Perché il governo turco pensa di non aver bisogno del processo di pace con il Pkk?
Dopo
 che Erdogan lanciò il processo di pace, alle elezioni del giugno 2015 
ottenne il 41%, quasi il 10% in meno di quanto serviva per la 
maggioranza assoluta e la modifica del sistema politico da parlamentare a
 presidenziale. Quel 10% mancante sono elettori radicalmente 
nazionalisti. Ha abbandonato il processo di pace e a novembre 2015 ha 
preso il 49%. La pace con i kurdi per lui è un ostacolo.
 
