La Stampa 7.11.16
Francis H. Buckley
“Donald Trump è il vero interprete dei conservatori”
intervista di Alberto Simoni
«Donald
Trump guida la rivoluzione contro l’establishment e la sua ribellione
porterà alla nascita di un nuovo partito». Francis H. Buckley insegna
alla facoltà di legge della Mason University e guida dalla scorsa estate
una pattuglia di intellettuali pro-Trump. D’altronde il suo ultimo
libro «The way back: restoring the promise of America», (aprile 2016),
già nel titolo richiama lo slogan del ritorno alla grandezza
dell’America che campeggia su adesivi, magliette e cappellini che
accompagnano la campagna elettorale del candidato repubblicano.
Professor
Buckley, siamo alla vigilia di un voto per molti versi storico e che
potrebbe definire l’identità degli Stati Uniti. È Trump l’uomo giusto
per scrivere questo capitolo della storia?
«Lui è percepito come l’uomo che può riportare in vita il sogno americano».
Lo vede morto questo sogno?
«Il
sogno americano, che è la grandezza di questo Paese, oggi soffre perché
il nostro sistema educativo e la libertà economica sono precarie.
Stiamo assistendo alla crescita di una generazione che per la prima
volta nella storia avrà meno chance di successo di quella dei propri
genitori».
Obama ha fatto della lotta alla diseguaglianze uno dei pilastri della sua politica. Non basta per definirlo sogno americano?
«Non
ha avuto successo. Prendiamo ad esempio il sistema delle scuole
pubbliche: accolgono i figli degli immigrati, li istruiscono ma quasi
sempre questi fanno meno bene rispetto ai figli degli americani. Gli
immigrati stessi poi prendono e sottraggono posti di lavoro agli
americani. Questa è giustizia? O uguaglianza? Quando si fa politica non
basta fare affidamento a schemi macroeconomici e a progetti astratti di
inclusione come fanno i liberal».
Dove sta l’errore? E perché Trump potrebbe correggerlo?
«L’errore
è che le decisioni e la politica sono in mano a dei clan aristocratici
chiusi nella bolla di Washington e di New York. Sono professori,
accademici, avvocati che hanno benefici dalle politiche “astratte” che
propugnano. Trump sfida la loro ricetta e per questo piace».
Le chiedo ancora: Trump cosa può fare?
«Anzitutto
Donald Trump è portatore di idee nuove, conservatrici nel senso più
autentico, intelligente e vero del termine. Conosco quelli che lavorano
con lui, sono le migliori espressioni del mondo conservatore».
In concreto allora cosa cambierà Trump?
«Ridurre
l’impatto dell’immigrazione e riportare in America i lavori persi
perché andati in Cina o in Messico sono le chiavi del successo della sua
agenda conservatrice. E vuole ricostruire il sistema dell’istruzione: i
bambini che vanno in pessime scuole hanno meno opportunità di avere
successo».
Se gli europei potessero votare nelle elezioni di domani, darebbero in gran parte il voto a Hillary. Perché secondo lei?
«Perché
vi concentrate solo sulla personalità ma dietro i suoi modi ci sono
idee moderate se paragonate a quelle tradizionali del Partito
repubblicano. Basta pensare a Romney».
Cosa c’entra Romney?
«Nel 2012 disse che a lui i poveri non interessavano, non pagano le tasse e votano Obama»
Anche le minoranze negli Stati Uniti, gay, afroamericani, ispanici, hanno espresso timore e rabbia per le uscite di Trump.
«Ci
sono molti neri e omosessuali che lo sostengono, gli afroamericani sono
le vere vittime delle politiche sociali liberal. Sono tutelati sono in
astratto, ma anche loro sono privati delle chance di successo».
C’è qualcosa che accomuna Trump e i movimenti populisti in Europa?
«L’unico
paragone che possiamo fare è quello con i sostenitori della Brexit,
anche loro vogliono dare al popolo la sovranità sottratta da élite
corrotte».
Grandezza americana significa anche supremazia nel mondo?
«Trump non è Bush. E nemmeno Obama. È l’economia, non il budget militare che conta»
Quindi?
«Non sarà un presidente di guerra. Hillary potrebbe essere un presidente di guerra, vuole lo scontro in Siria con i russi».
La destra e il mondo conservatore sono divisi su Trump. Perché non è uscito a unirli?
«Perché
Trump è un uomo di rottura, ha sfidato l’establishmente e questo è
fatto di democratici e repubblicani, entrambi sono suoi rivali. Lo
temono e lo rifiutano».
Perché i neoconservatori gli hanno dichiarato guerra?
«Perché sono pronti a entrare alla Casa Bianca. Con Hillary».