La Stampa 7.11.16
Bersani: “Pagliacciata quei cori da operetta”
E i suoi: Matteo bluffa
di Amedeo La Mattina
«Adesso
tutto è chiaro. Non consentiremo a Renzi di imbrogliare le carte come
fa di solito con il giochino del divide et impera. Ci sono i Democratici
per il Sì e i Democratici per il No. Non faremo comitati, andremo dove
ci invitano a parlare, senza astio, senza dividere il mondo tra il bene e
il male. C’è un solo partito ed idee diverse, tutte con la stessa
legittimità. Alla Leopolda possono gridare “fuori fuori” fino a sgolarsi
: una pagliacciata che dimostra che in quel posto non c’è cultura
politica. Mi ha colpito che nessuno dal palco abbia sedato quei cori da
operetta. Il Pd è casa mia. Non toglierò il disturbo. Quindi stiano
calmi e sereni». Pier Luigi Bersani ha trascorso il fine settimana a
casa sua. Ha seguito l’appuntamento della Leopolda come quella di una
«fazione» che vuole espellere chi non si adegua al pensiero unico
renziano. Ha vissuto con profonda amarezza lo strappo di Cuperlo che ha
firmato il documento sulla riforma elettorale. Non era questo il mandato
che aveva ricevuto dalla sinistra dem.
Roberto Speranza glielo
aveva ricordato quando si è trovato sul telefonino la foto del documento
inviata da Gianni per Whatsapp. «Ti rendi conto che questa paginetta è
ridicola», ha osservato l’ex capogruppo del Pd che si era dimesso
proprio a causa dell’Italicum. I bersaniani volevano che quella
«paginetta fumosa» venisse trasformata in un disegno di legge con la
firma in calce del ministro delle Riforma Maria Elena Boschi. E che il
governo mettesse la fiducia, come aveva fatto per ben tre volte con
l’Italicum. E invece nulla. Alla fine Cuperlo ha firmato, senza
comunicare la sua decisione ai compagni che avrebbe dovuto
rappresentare.
Così, spente le luci della Leopolda, oggi il Pd si
sveglia con la battaglia dei Democratici del Sì e dei Democratici del
No. Una battaglia che vedrà stamattina Bersani a Palermo e nel
pomeriggio a Ragusa e Siracusa. Sono tanti gli appuntamenti che lo
attendono, anche oltre confine per convincere gli italiani all’estero.
Il 14 novembre sarà in Germania, a Monaco. L’ex segretario dem vuole
confrontarsi con chi sostiene il Sì, parlare nei circoli del partito.
«Questa è casa nostra - dice Miguel Gotor - e ci stiamo in compagnia
della Cgil, dell’Anpi, di Libera, di Libertà e Giustizia e tantissimi
altri iscritti ed elettori del Pd. Il rischio scissione non esiste.
Renzi appare ossessionato dalla minoranza del Pd e non capisco perché
visto che ci considera irrilevanti. L’errore mortale che starebbe
commettendo Renzi è quello di rappresentare il referendum come il voto
fine del mondo. Come se fossimo davanti al baratro. Ma questo - osserva
Gotor - indebolisce l’Italia, il sistema-Paese».
Nico Stumpo
chiede a Renzi più serietà. «Faccia il premier e non l’arruffapopolo. Il
documento sottoscritto da Cuperlo è una farsa. Noi non vogliamo
distruggere il Pd e far cadere il governo. Vogliamo provare a cambiate
l’Italicum attraverso la vittoria del No e poi vincere il congresso per
tirare fuori il Pd dalla deriva neocentrista».
Renzi fa balenare
lo spettro del governo tecnico. Per i bersaniani si tratta di un bluff,
uno dei suoi tanti bluff che denota la paura della sconfitta. Fiducia
zero. Ormai non è più una questione politica. Si sono spezzati i
rapporti personali. Sono in crisi pure quelli con Cuperlo che starebbe
facendo il suo gioco. «Gianni pensa di fare la sinistra del renzismo»,
spiega Roberto Speranza, che vuole presidiare da solo tutta
l’opposizione a Matteo.